Quando la rivista Trattori chiese ai responsabili di alcune grandi case costruttrici quale sarebbe stato il trend di sviluppo che avrebbe caratterizzato il settore nel primo decennio del terzo millennio, la risposta fu pressoché unanime: si sarebbe trattato di trattori isodiametrici, a trazione integrale permanente e caratterizzati da una ripartizione dei carichi sul terreno equilibrata, il 25% per ogni ruota.

Molti sostennero anche una diffusione sempre più massiccia delle sospensioni, soprattutto anteriori, e l’automazione spinta dalle emissioni, mentre si dava per scontata la generalizzazione dei sistemi di controllo dei gruppi meccanici di bordo tramite un’idraulica gestita elettronicamente. Il risultato della nostra inchiesta descrisse un veicolo molto sofisticato ma facile da gestire, confortevole e potente quanto versatile e polivalente. In una parola lo Xylon della Fendt.

Fendt Xylon. Layout innovativo. La disposizione dei gruppi meccanici enfatizza capacità di carico e funzionalità

Mosso da un propulsore Man a quattro cilindri da 4,6 litri di cilindrata il trattore è disponibile in tre diverse versioni, tutte caratterizzate dal medesimo allestimento e che si differenziano fra loro nelle prestazioni. La macchina di base dispone di 110 cv, quella intermedia di 125 e quella al top di gamma, la 524 che provammo, di 140 cv, potenze sempre erogate grazie a un sistema di aspirazione forzato mediante turbo ed intercooler.

Proprio il motore, ed in particolare la sua collocazione, proponeva la prima differenza tra lo Xylon ed i tradizionali trattori: il gruppo di propulsione non era collocato anteriormente, davanti alla cabina di guida, ma sotto quest’ultima, in posizione centrale e baricentrica rispetto agli assali. La trasmissione invece era posta a valle del motore ed era spostata verso il retrotreno, quasi in mezzo al ruote. Il gruppo era meccanico nella selezione dei rapporti di avanzamento ma veniva gestito nelle partenze e nei cambi attraverso un giunto idraulico che in pratica dava origine a un cambio semi-powershift.

La sua collocazione lasciava spazio nella parte posteriore ad un ampio piano di carico atto al trasporto di serbatoi e botti o all’installazione di attrezzi fissi come possono essere, per esempio i verricelli o le pompe di irrigazione. Un analogo piano di appoggio si trovava poi anteriormente sull’avantreno, la zona che più evidenziava l’originalità del progetto. L’assale anteriore dello Xylon in effetti era supportato da un grosso e robustissimo longherone centrale che ospitava al suo interno sia l’albero di trasmissione per la presa di forza sia i gruppi del sollevatore anteriore, attrezzo che su queste macchine era installato di serie in versione meccanica.

Il quattro cilindri che equipaggiava lo Xylon 524 era stato costruito dalla Man e quindi proponeva elevate doti di affidabilità e robustezza. Omologato Euro I per i tempi garantiva emissioni particolarmente contenute. Ottimo il livello di coppia: 57,9 chilogrammetri, che il motore raggiungeva a 1.400 giri/min

La trazione era di tipo integrale a controllo elettronico (l’inserimento e il disinserimento della trazione anteriore poteva essere gestito e programmato mediante computer) con un’ampia possibilità di bloccaggio dei differenziali mentre la frenata era assicurata da due sistemi di dischi di tipo dedicato, uno per ogni assale, quindi, ma integrati fra loro. Inutile sottolineare che l’intero trattore veniva asservito idraulicamente e quindi l’operatore poteva controllarlo in ogni sua funzione senza sforzo e limitandosi a premere pulsati o a spostare semplici levette. La trasmissione dello Xylon disponeva di 44 rapporti utilizzabili in entrambi i sensi di marcia: da tre a quaranta all’ora si può fruire di 24 velocità realizzate abbinando un cambio a quattro marce gestito mediamente frizione idrauliche con un secondo cambio, meccanico a sei rapporti.

La cabina. Spazio per due

Tutti i rapporti e le marce sono selezionabili tramite un’unica leva mentre per il controllo delle due prese di forza di cui è dotabile la macchina (anteriore a mille giri e posteriore a quattro velocità) e dei sollevatori (quello posteriore è gestito mediante computer) basta schiacciare alcuni pulsanti. Come si comportava lo Xylon su strada e in campo? Il primo ambito metteva in risalto soprattutto la comodità generale della macchina, dote che permetteva di sedere ai comandi anche per ore senza accusare affaticamenti.

La cabina risultava posizionata relativamente in alto (il pianale era a circa un metro da terra) ma l’accesso era comunque agevole grazie a una scaletta di tre gradini, il primo dei quali era posto a 40 cm da terra e gli altri a 20 cm uno dall’altro. Il posizionamento rialzato della cellula abitativa favoriva il controllo visivo della macchina e delle attrezzature da parte dell’operatore che, di fatto, poteva far spaziare lo sguardo per 360 gradi.

Molto confortevole e razionale inoltre l’allestimento della cabina, studiare per ospitare due persone (codice permettendo) e quindi dotata di due poltroncine a molleggio pneumatico, una delle quali (quella del pilota), era equipaggiata con il supporto lombare. Da sottolineare la silenziosità dell’ambiente (73 db), e la chiarezza delle informazioni proposte dal cruscotto, di tipo digitale. Il display segnalava tutti i parametri di lavoro della macchina (ore di servizio, superfici lavorate, lunghezza dei percorsi) e un sistema di autodiagnosi permetteva di rilevare eventuali anomalie non appena queste si manifestano e prima che possano dare origine a seri danni.

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