{"id":22188,"date":"2020-10-22T12:12:07","date_gmt":"2020-10-22T10:12:07","guid":{"rendered":"https:\/\/www.trattoriweb.com\/?p=22188"},"modified":"2020-11-15T21:08:02","modified_gmt":"2020-11-15T20:08:02","slug":"da-goldoni-ad-arbos-tutte-le-tappe-di-un-sogno-diventato-incubo-in-soli-5-anni","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.trattoriweb.com\/da-goldoni-ad-arbos-tutte-le-tappe-di-un-sogno-diventato-incubo-in-soli-5-anni\/","title":{"rendered":"Da Goldoni ad Arbos. Tutte le tappe di un sogno diventato incubo in soli 5 anni"},"content":{"rendered":"
I capitali cinesi e l\u2019esperienza di un team italiano si uniscono. Lo fanno per creare un nuovo player internazionale della meccanica agricola,<\/strong> salvando al contempo un glorioso marchio come Goldoni<\/strong>.<\/p>\n In soli cinque anni la favola si \u00e8 trasformata in incubo e ancora una volta lo spettro del fallimento aleggia sul brand modenese. Per capire meglio come si \u00e8 svolta la vicenda e perch\u00e9 si \u00e8 giunti nuovamente sull\u2019orlo del baratro proviamo a partire dall\u2019inizio.<\/p>\n Il 2014 \u00e8 un anno nero per la meccanizzazione agricola<\/strong>. Sull\u2019onda lunga della crisi economica e finanziaria del 2009, il mercato trattori raggiunge il minimo storico. Chiude infatti a poco pi\u00f9 18 mila unit\u00e0.<\/strong> Chiude, quindi, lontano anni luce dai fasti dell\u2019era pre crisi in cui si viaggiava stabilmente sopra le 30 mila.<\/p>\n Questo, grazie anche a un accordo di fornitura con New Holland. Ma il declino era ormai in atto<\/strong> da anni, con l\u2019azzeramento di piani di investimento nello storico stabilimento di Migliarina di Carpi. Anche l\u2019intera gamma di prodotti, sebbene affidabile, perdeva inesorabilmente terreno dai competitor sul piano dell\u2019innovazione.<\/p>\n Goldoni cessa di fatto la produzione agli inizi del 2015. A giugno presenta la richiesta di concordato preventivo<\/strong>. I 270 dipendenti coinvolti da anni nell\u2019utilizzo di ammortizzatori sociali temono fortemente che non vi siano possibilit\u00e0 di salvare l\u2019impiego. Serve un miracolo per mettere una pezza a una situazione che sembra ormai irrecuperabile. Situazione che lascia presagire una triste fine per un marchio che ha fatto la storia della meccanizzazione agricola in Italia e non solo.<\/p>\n Quel miracolo per\u00f2 si avvera, assumendo le sembianze di un colosso asiatico, La Lovol Heavy Industry Ltd<\/strong><\/a> con sede a Weifang, provincia dello Shandong nella Repubblica Popolare Cinese. Stiamo parlando di una realt\u00e0 industriale da oltre 15.000 dipendenti. Realt\u00e0 che fatturava nel 2013 qualcosa come 3 miliardi di euro all\u2019anno. Realt\u00e0 che produce circa 150.000 trattori e 60.000 mietitrebbie.<\/p>\n Lovol aveva iniziato gi\u00e0 da anni ad affacciarsi sui mercati europei. Lo faceva attraverso la Lovol Europe Engineering<\/strong> che, proprio nella sede bolognese (ce n\u2019era anche una in Germania dedicata allo studio di applicazioni da cantiere per camion e veicoli pesanti), aveva convogliato alcune delle migliori menti del settore. Sotto la guida di Andrea Bedosti<\/strong> (forte di una lunga carriera manageriale prima in Landini, poi in Same Deutz-Fahr e in Merlo) svolgeva da un paio d\u2019anni attivit\u00e0 di ricerca e sviluppo in materia di industrializzazione nel campo della meccanizzazione agricola.<\/p>\n Ma soprattutto, nel gennaio del 2015, acquisiva la MaterMacc<\/strong><\/a> di San Vito al Tagliamento (Pordenone). Realt\u00e0 specializzata nella produzione di seminatrici, spandiconcime e macchine combinate per la lavorazione del terreno.<\/p>\n Ai tempi intervistammo Massimo Zubelli<\/strong>, marketing e Sales Vice President di Foton Lovol. Proprio lui confermava \u00abla tendenza recente delle aziende cinesi del \u201cnuovo corso\u201d di accedere direttamente alla tecnologia occidentale. Questo, attraverso investimenti diretti in ricerca e sviluppo. Oppure, tramite piani di acquisizione e partnership con aziende occidentali\u00bb.<\/p>\n A quel punto le voci di corridoio sul possibile interessamento di Lovol per Goldoni iniziarono a rincorrersi. Questo anche perch\u00e9 nel frattempo il gruppo cinese si era gi\u00e0 intascato la propriet\u00e0 dello storico brand di mietitrebbie Arbos,<\/strong> con la chiara intenzione di risfoderarlo all\u2019occorrenza.<\/p>\n Ed ecco che nel dicembre 2015 viene presentato il piano di risanamento della Goldoni. Piano fondato sull\u2019entrata nella compagine sociale della neonata Lovol Arbos Group Spa, controllata al 100% da Lovol Heavy Industry Ltd.<\/p>\n \u00abSi tratta di un passo fondamentale per il salvataggio e il rilancio industriale della storica Azienda di Migliarina di Carpi\u00bb.<\/strong><\/p>\n Questo scrivevano i principali quotidiani dell\u2019area emiliana e le riviste di settore. Grazie soprattutto a un finanziamento interinale<\/strong> autorizzato gi\u00e0 a met\u00e0 novembre dal Tribunale di Modena e tempestivamente reso disponibile da Lovol Arbos Group Spa. Finanziamento che consentiva il riavvio delle linee di montaggio gi\u00e0 dalla seconda met\u00e0 del mese di gennaio 2016 dopo 14 mesi di stop.<\/p>\n Il programma era molto chiaro cos\u00ec come l\u2019intenzione di attaccare il mercato Italiano. Pi\u00f9 in generale, quello dell\u2019area mediterranea, sulla scia di quanto fatto dalla giapponese Kubota<\/strong>, ormai saldamente tra i principali player di casa nostra ed europei.<\/p>\n Il piano di salvataggio di Goldoni tracimava euforia da tutti i pori e si componeva di tre punti fondamentali.<\/p>\n In primis, l\u2019iniezione di risorse finanziarie<\/strong> finalizzate alla immediata ripresa produttiva per rassicurare allo stesso tempo dipendenti, fornitori e clienti sul futuro industriale della societ\u00e0. Poi, la ricapitalizzazione<\/strong> significativa della Goldoni. Questa, volta a dare la necessaria solidit\u00e0 patrimoniale in grado anche di soddisfare i creditori al momento dell\u2019omologazione del piano. E, con il chiaro fine di confermare e salvaguardare i rapporti di collaborazione per il futuro. Infine, un business plan triennale<\/strong> che prevedeva il pieno rilancio dell\u2019azienda. Come? Attraverso:<\/p>\n Tutto lasciava presagire l\u2019ingresso di un nuovo \u2018big\u2019 nel comparto macchine agricole, forte di know-how italiano e di ingenti capitali cinesi. D\u2019altronde gi\u00e0 nel 2015 dalla moda, all\u2019alimentare e ai motori esempi di brand italiani con passaporto straniero ce n\u2019erano eccome; Bulgari, Parmalat, Valentino e Ducati solo per citarne alcuni.<\/p>\n Questa fatturer\u00e0, gi\u00e0 nel 2016, 60 milioni di euro<\/strong> con un organico attivo in Italia di 360 dipendenti cui se ne aggiungono altri 100 in Cina.<\/p>\n L\u2019impegno finanziario iniziale per la ricapitalizzazione di Goldoni coster\u00e0 45 milioni. Avrebbe dovuto portare al lancio di nuove gamme specializzate<\/strong> da affiancare al primo vero progetto Arbos, gli utility della gamma 5000, realizzati in Cina e assemblati in Italia sugli standard europei. Questi ultimi avrebbero aperto la strada ai pi\u00f9 potenti 6000 e 7000 pronti per fine 2017. Mentre, nel 2018, avrebbe debuttato la prima mietitrebbia, completando di fatto la full-line bianco verde.<\/p>\n Tutto ci\u00f2 viene annunciato in grande stile nel luglio 2016. Gi\u00e0 all\u2019Eima dello stesso anno, la nuova realt\u00e0 si presenta con un mega stand in cui spiccano la gamma di specializzati made in Goldoni nella duplice casacca arancione e verde Arbos e i primi prototipi della gamma 5000.<\/p>\n Non si pu\u00f2 dunque negare che Lovol di milioni ne ha investiti parecchi per seguire un piano industriale a firma italiana. Forse quello che appariva chiaro a molti addetti ai lavori, e cio\u00e8 le reali difficolt\u00e0 nell\u2019inserirsi in un mercato stantio e denso di competitor come quello europeo (per non parlare di quello italiano) e per di pi\u00f9 senza una rete vendita all\u2019altezza della concorrenza (gran parte dei dealer Goldoni erano stati assorbiti dai competitor nei mesi di chiusura), lo era meno per gli investitori che hanno continuato a credere nel progetto.<\/p>\n Ne sono testimonianza l\u2019ampliamento delle linee di produzione dello stabilimento di Migliarina di Carpi dove viene anche inaugurato nel 2017 il nuovo Engineering Center Arbos. Il gruppo chiuder\u00e0 l\u2019anno con un fatturato attorno agli 80 milioni di euro garantito soprattutto dal buon andamento delle attrezzature MaterMacc e dalla ripartenza di Goldoni, ma la dirigenza dichiara di poter raggiungere i 210 milioni di euro entro fine 2020<\/strong> con il grosso della fetta (circa 175 milioni) equamente suddivisi tra specializzati e trattori da campo aperto.<\/p>\n E qui nascono le prime incongruenze. Nel 2017 il gruppo Arbos secondo i dati del ministero immatricola la bellezza di 2.600 trattori contro i 771 dell\u2019anno precedente<\/strong>. Il trattore pi\u00f9 venduto in Italia con 489 unit\u00e0 risulta essere il Lovol 504 made in Cina, praticamente sconosciuto ai farmer italiani, e nella classifica dei primi dieci compaiono altri quattro Goldoni.<\/p>\n Sulla carta Arbos \u00e8 il terzo gruppo in Italia per vendite di trattori<\/strong> dietro a Cnh e Same Deutz-Fahr, ma soprattutto davanti a competitor del calibro di Landini, Agco, John Deere, Kubota e Claas. Facile intuire che la stragrande maggioranza di quei Lovol il campo non l\u2019hanno mai visto. Come \u00e8 possibile? Il 2017 verr\u00e0 ricordato appunto come l\u2019\u2019anno dei trattori di carta\u2019<\/a><\/strong>.<\/p>\n L\u2019ingresso della Mother Regulation, entrata in vigore a gennaio 2018, ha spinto le industrie costruttrici a liberarsi in tutti i modi possibili degli stock di trattori gi\u00e0 prodotti. Prima della fatidica mezzanotte del 31 dicembre molte macchine invendute sarebbero state immatricolate direttamente dai concessionari o dalle case costruttrici senza essere consegnate ad alcun cliente (o addirittura senza essere state ancora del tutto assemblate) e la maggior parte di esse sarebbero poi finite all\u2019estero o vendute alle aste.<\/p>\n Chi pi\u00f9 chi meno ci hanno \u2018giocato\u2019 tutti,<\/strong> tanto che il mercato trattori \u00e8 lievitato nel 2017 a 22.705 macchine immatricolate contro le 18.341 del 2016, per poi tornare a 18.400 nel 2018<\/strong>, ma \u00e8 evidente che chi l\u2019ha fatta \u2018pi\u00f9 grossa\u2019 \u00e8 proprio Arbos che, appena nata, non avrebbe mai potuto raggiungere quei numeri. Anche se pi\u00f9 volte interpellati sulla questione i vertici di Arbos non hanno mai fornito una risposta convincente sulle reali motivazioni del boom virtuale di vendite, generando il sospetto che l\u2019exploit servisse pi\u00f9 che altro come specchietto delle allodole per i finanziatori cinesi in cerca di conferme sulla bont\u00e0 degli investimenti.<\/p>\n Proprio il 2018 si riveler\u00e0 l\u2019anno cruciale per le sorti dell\u2019azienda. La caccia ai concessionari sembra non dare i risultati sperati, cos\u00ec come i progetti di vendita diretta, ma soprattutto la gamma simbolo della nuova azienda, ovvero la 5000 non decolla<\/strong>.<\/p>\n I primi modelli consegnati ai concessionari sono troppo basici soprattutto a livello di cambio (hi-Lo e inversore meccanico) e le versioni successive con powershift e inversore elettroidraulico sembrano non convincere per affidabilit\u00e0. A dir la verit\u00e0 noi la macchina l\u2019abbiamo provata e se l\u2019\u00e8 anche cavata egregiamente ma il problema pi\u00f9 grosso, almeno in Italia, \u00e8 la concorrenza spietata in un segmento di potenza, attorno ai 100 cavalli, storicamente dominato dai player nazionali, forti di una rete vendita capillare e di un servizio assistenza impeccabile. Nel frattempo la gamma 6000 sembra uscita dai piani di lancio e lo stesso vale per il progetto mietitrebbie,<\/strong> mentre la 7000 che doveva gi\u00e0 essere a listino a fine 2017 continua a figurare come prototipo in esposizione alle fiere.<\/p>\n Morale, senza full line e senza \u2018trattori di carta\u2019 Arbos chiude il 2018 con 660 macchine immatricolate<\/strong> (erano 771 nel 2016) di cui 632 a marchio Goldoni e 28 Arbos, inclusi i compatti 3000 spediti direttamente dalla Cina. Non trapelano comunicazioni ufficiali sui fatturati ma \u00e8 lampante che la tabella di marcia verso gli oltre 200 milioni di euro da consolidare entro il 2020 sia inevitabilmente compromessa.<\/p>\n Il 2019 segue la falsa riga del 2018<\/strong> a livello di prodotti con l\u2019unica variante che MaterMacc e Goldoni si avviano ad abbracciare definitivamente il marchio Arbos e la livrea bianco verde con non pochi malumori da parte di concessionari e clienti molto pi\u00f9 affezionati ai brand nativi e consolidati piuttosto che a un marchio ormai per molti dal futuro quantomeno incerto.<\/p>\n A poco sembra servire ancora una volta il \u2018sospetto\u2019 balzo in avanti di immatricolazioni a fine anno in un\u2019area territoriale decisamente contenuta. Gi\u00e0 a Fieragricola 2020 con il Covid alle porte<\/strong>, appaiono segnali inconfutabili della marcia indietro della casa madre cinese, intenzionata a chiudere definitivamente i rubinetti e mollare un progetto di cui restano solo i debiti. Il resto \u00e8 storia di questi giorni con il via libera del tribunale al concordato liquidatorio<\/strong><\/a> e un doppio incontro sulla vertenza presso il Ministero dello sviluppo economico con esiti tutt\u2019altro che favorevoli.<\/p>\n Sindacati e politici del territorio gridano giustamente allo scandalo, incolpando Lovol di una fuga irresponsabile che mette a repentaglio le sorti di 220 lavoratori, ma \u00e8 francamente difficile non considerare le falle di un progetto di fatto a \u2018mente italiana\u2019 clamorosamente naufragato in meno di cinque anni.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" I capitali cinesi e l\u2019esperienza di un team italiano si uniscono. 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Crack Goldoni. Tutto ha inizio nel 2015<\/h2>\n
La Goldoni vendette quell\u2019anno circa mille trattori .<\/h3>\n
Il salvataggio Cinese. Entra in scena Lovol<\/h3>\n
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Nasce Lovol Arbos Group Spa<\/h3>\n
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Goldoni. Salvataggio e rilancio<\/h2>\n
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Insomma, si stava assistendo alla rinascita di Goldoni.<\/h3>\n
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Da societ\u00e0 di progettazione, Lovol Arbos Group assume i connotati di una holding industriale<\/strong><\/h3>\n
Costruire una rete vendita. La sfida pi\u00f9 importante<\/h3>\n
L’anno dei ‘trattori di carta’<\/h3>\n
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L’abbandono del progetto full line<\/h3>\n
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L’inizio della fine. Goldoni di nuovo verso il fallimento<\/h3>\n
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