Il SuperLandini, lanciato nel 1934, ebbe un grande successo. Grazie alla sua potenza e al suo peso, si rivelò perfetto per l’aratura pesante e la trebbiatura, attività prevalenti delle grandi aziende e dei ‘contoterzisti’ di allora. In Landini capirono presto che dovevano mettere in campo un modello altrettanto affidabile, ma dal minor peso e ingombro, più agile e manovrabile. Un trattore simile avrebbe avuto a disposizione un parco clienti potenzialmente molto più vasto del SuperLandini. Fu così che prese vita il progetto del famoso Vèlite o VL 30, presentato nel 1935.

Il nome derivava dal latino e significava ‘milite valoroso’ , e più specificatamente ‘soldato romano di fanteria leggera’, volendo quindi essere un sinonimo di riduzione di peso, di dimensioni e di costo. Infatti, pur ereditando le caratteristiche salienti del Super, il Vèlite pesava 200 chili in meno, era più compatto, si muoveva meglio negli spazi ristretti, consumava 40 litri di nafta (e un litro d’olio) in meno di una giornata di lavoro, e costava meno all’acquisto. Un classico ‘tuttofare’ che con quasi 3500 unità prodotte superò il fratellone, e si aggiudicò la palma di trattore più longevo della storia Landini, prodotto per 18 anni.

Parco nei consumi, ben manovrabile, economico e gradevole all’occhio, il Vèlite entrò subito nel cuore degli agricoltori italiani

Velitè, un motore all’avanguardia (per l’epoca)

Il Velitè era spinto da un motore orizzontale monocilindrico con alesaggio di 200 mm e corsa di 230, per una cilindrata totale di 7222 cc; era ovviamente un testacalda a due tempi che imponeva il classico rituale dell’accensione con la lampada. Come tutti i Landini era molto semplice: esisteva una sola cinghia esterna sulla sinistra che attivava la dinamo con regolatore per alimentare i fari anteriori.

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Il cambio, comandato da una leva con sistema di sicurezza, offriva tre velocità in avanti, una prima da 3,08 chilometri all’ora, una seconda molto ravvicinata da 3,81 all’ora, e una terza ‘veloce’ da 8,48 che rendeva il Vèlite più rapido del SuperLandini che si fermava a 6,2 all’ora. La retro era quasi uguale alla prima, equiavalente a 3 chilometri orari. Lo sterzo era ben demoltiplicato e leggero; questa caratteristica, insieme al passo contenuto, rendeva il Vèlite facile da guidare e maneggevole negli spazi ristretti.

Nell’ampio e ben protetto posto di guida si trovavano solo tre comandi, il pedale della frizione alloggiata nel volano, la leva del freno che agiva tramite una nastro su una puleggia collegata alla trasmissione, e la leva dell’acceleratore a settori dentati. Era impossibile fare confusione, l’unico interruttore, alla sinistra del volante era quello per l’attivazione dei fari. Il Velitè era anche bello (per i parametri dell’epoca) e proporzionato, particolari che non guastavano e che si aggiunsero a tutte le altre doti tra le quali spiccava l’affidabilità, testata in anni e anni di duro lavoro nei campi.

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