Uncai su sicurezza idrogeologica: «investimenti e programmazione per sostenere chi protegge il nostro territorio»
Secondo la sigla l'abbandono delle montagne e di tanti territori agricoli, lasciati all'incuria, ha acuito gli effetti prorompenti dell'ultima ondata di maltempo che ha colpito l'Italia. Da qui alcune proposte
Dopo l’ultima ondata di eventi climatici estremi che ha colpito il Nord Italia in queste prime settimane di ottobre, con particolare intensità soprattutto in Lombardia (dove è stata diramata l’allerta rossa negli scorsi giorni dalla Protezione Civile), in Trentino-Alto Adige e in Veneto (allerta arancione), Uncai ha cercato di fare il punto della situazione, alla luce degli effetti causati dall’abbandono dei presidi agricoli in montagna e in pianura, da sempre baluardo nella gestione della sicurezza idrogeologica del territorio.
Infatti, a causa della perdita di numerose attività agricole, sia in quota che in pianura, a cui è conseguita la cementificazione selvaggia di ampie aree, nel corso dei decenni tante attività di manutenzione degli argini e dei terrazzamenti sono semplicemente finite nell’oblio. Con intere porzioni di campi lasciate a loro stesse, purtroppo, ad ogni ondata di maltempo – con piene, argini che crollano, danni a strade e aziende – emerge quanto ancora sia fragile tutto il nostro territorio.
Per Uncai non ci sono dubbi. Occorre potenziare, senza se e senza ma, la manutenzione delle infrastrutture sul territorio, che oggi devono farsi carico di tutta una serie di lavorazioni che, invece, una volta erano effettuate direttamente dagli agricoltori. Proprio per questo “è necessario pianificare investimenti mirati per mitigare i rischi e servono subito risorse per realizzare le opere indispensabili”, ha sottolineato in una nota Aproniano Tassinari, presidente Uncai (Unione Nazionale Contoterzisti Agromeccanici e Industriali). “Tuttavia, queste politiche sono assenti a livello nazionale. La gestione corretta del territorio richiede una serie di interventi a lungo termine nell’assetto agronomico, forestale e idraulico”. E, in questo senso, i contoterzisti potranno giocare un ruolo cruciale.
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“Le sistemazioni idraulico-agrarie di pianura, con i tipici campi baulati e le scoline, non si vedono più, eppure erano fondamentali per la gestione delle acque e per evitare i ristagni dannosi alle colture”, prosegue Tassinari. “Mentre il reticolo minore è sistematicamente trascurato, così, quando è devastato dalle piogge intense, spinge enormi quantità d’acqua dalle montagne alle pianure, e anche i piccoli fossi diventano torrenti se non ripuliti da legname e detriti”.
Alcuni progetti sono stati avviati, ma è essenziale proseguire con determinazione, superando le lentezze burocratiche e garantendo le risorse necessarie. “I contoterzisti”, aggiunge, “dispongono delle attrezzature agricole e industriali e delle competenze per supportare le comunità locali e le istituzioni regionali, sia nella prevenzione che nelle emergenze”.
Bisogna invasare acqua d’inverno per affrontare le piene e la siccità contemporaneamente. “È necessario un approccio scientifico e metodologico per individuare le priorità a livello nazionale e regionale, agendo con costanza e risorse certe. Serve un’opinione pubblica più consapevole, per riconoscere che spesso siamo stati causa dei nostri stessi problemi, relegando i fiumi a canali tombati o malamente incassati nel cuore delle città”.
“Occorrono regole chiare per facilitare gli interventi. Manca una reale percezione della fragilità del territorio e dei suoli, una programmazione di lungo termine e un programma di messa in sicurezza del territorio che coinvolga e sostenga agricoltori e contoterzisti. Il loro impegno per la protezione del territorio deve essere riconosciuto e adeguatamente remunerato”.