Una crisi generale, che ha impattato senza distinzione su tutto il tessuto agricolo italiano, investendo con diversa intensità tutte le colture, dal grano al riso, in grade sofferenza per l’appunto, e da cui soltanto le imprese più grandi, tendenzialmente con un’estensione di almeno 300 ettari, potranno uscire con utili a fine anno. É in quest’ottica che potrebbe essere letto lo studio, ripreso da UNCAI, “Bilancio economico dell’azienda risicola. Modello di impostazione e quattro casi rappresentativi: consuntivo 2021 e previsioni per il 2023”, dell’Associazione laureati in scienze agrarie e forestali di Vercelli, presieduta da Antonio Finassi. L’indagine, realizzata dal segretario dell’associazione, l’Accademico Giuseppe Sarasso, evidenzia i nuovi numeri con i quali l’agricoltura deve fare i conti: il gasolio agricolo in due anni è passato da 0,61 a 1,30 euro al litro; il fertilizzante urea (prodotta soprattutto in Russia) da 350 euro a 1000 euro/tonnellata; mentre una mietitrebbiatrice se nel 2020 costava in media 280 mila euro, oggi ne costa 450 mila.

Anche UNCAI lancia l’allarme sulle imprese risicole

Lo studio fotografa, inoltre, la spesa per ettaro di un’azienda risicola di 300 ettari: 3.189 euro. “Solo un’azienda di queste dimensioni potrebbe essere in attivo a fine anno, considerando una remunerazione media di 512 euro/tonnellata per il riso prodotto. Per sopravvivere, le imprese più piccole dovrebbero arrivare a 600 euro/tonnellata”, ha illustrato Sarasso che ha aggiunto come il dimezzamento dei diserbanti voluto dalla direttiva europea Farm to Fork è la premessa di un disastro: “metà dosi non sono letali per le infestanti, quindi inutili”.

“Cifre insostenibili per la maggior parte delle aziende e aggravate ulteriormente dalla guerra in Ucraina. Per reggere il colpo e uscire dall’angolo, le aziende medio-piccole dovranno affidarsi sempre di più ai contoterzisti, affidando loro la quasi totalità delle lavorazioni”, ha sottolineato il presidente dell’associazione dei Contoterzisti Vercellesi e Consigliere Uncai Beppe Delsignore. “Da parte nostra, abbiamo scelto di non aggiornare al 2022 il tariffario delle lavorazioni agromeccaniche e lasciare alla trattativa privata tra agricoltore e contoterzista la definizione di un prezzo equo per entrambi.

“L’instabilità dei mercati – ha poi concluso il consigliere UNCAI – e delle quotazioni non permetterebbe, infatti, neppure di fissare un listino che dopo due settimane sarebbe già smentito. Tuttavia solo il Governo può evitare che gli aumenti piombino a cascata sui consumatori, spingendo tutti verso la povertà. Per riuscirci dovrebbe prima di tutto puntare a salvaguardare il potenziale produttivo dell’agricoltura italiana. Come? La politica agricola nazionale ed europea deve riconoscere il nuovo scenario per poi prendere immediatamente decisioni coerenti e realistiche, scevre da slogan e ideologie”.

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