La ‘questione Ucraina’ ha i contorni della tempesta perfetta, non solo per il disastro scaturito da un drammatico conflitto, ma anche per le ripercussioni che questo ha su un mondo inter e iper connesso. Non a caso il mondo agricolo italiano e mondiale è molto preoccupato, in primis per la tragedia in corso, ma anche per quanto sta accadendo sui mercati e per le difficoltà di approvvigionamento che potrebbero esserci nei prossimi mesi. Non tanto e non solo nei Paesi più ricchi, ma soprattutto in quelli meno abbienti. Ma andiamo con ordine.

«Il primo effetto della guerra è stato un aumento secco del grano tenero di 50 Euro/t al Matif di Parigi (la borsa di riferimento per le materie prime agricole in Europa) – evidenzia Michele Zerbini, Soft Wheat & Flours Italy & Galliate Mill Purchasing Senior Manager di Barilla – aggiunti a un prezzo su un mercato già caro, con scorte molto basse e con consumi in aumento che, già nel 2020, avevano portato le scorte verso i minimi».

Potrebbe interessarti

Prezzi mai visti che dopo lo scoppio della guerra in Ucraina hanno superato i 370 euro/t e che hanno una serie di cause occasionali e di lungo periodo. Alle siccità in Canada e negli Usa e alle importanti piogge cadute durante il raccolto (che hanno ridotto di 2/3 il grano nord americano normalmente utilizzato da taglio) si sono accompagnate una produzione europea in difficoltà.

La Francia, per esempio, si stava approcciando a un ottimo raccolto, ma la pioggia di luglio ha ritardato il raccolto è ha determinato uno scadimento della qualità. «Il risultato – continua Zerbini – sono stati pesi specifici molto bassi, germinati, dilavamento delle proteine, grani deboli e non macinabili. Su 40 milioni di tonnellate 1/3 eccellente per la panificazione, il resto da selezionare accuratamente».

Dalla guerra Ucraina-Russia penalizzati i più piccoli

L’idea sentendo gli operatori è che se non ci sia un’immediata scarsità – Barilla per esempio ha ampie coperture, anche grazie a contratti di filiera che riescono a mediare i prezzi – però le realtà più piccole e meno strutturate saranno sicuramente fortemente impattate. Lo saranno a maggior ragione le economie di quei Paesi meno ricchi che hanno minor capacità di diversificare gli approvvigionamenti e/o le materie prime. In questa direzione va, per esempio, il fatto che alcune aste del nord Africa, tra i più importanti acquirenti di grano tenero, siano andate deserte, proprio perché è mancato l’approvvigionamento normalmente proveniente da Mar d’Azov e Mar Nero dove, purtroppo, è tutto bloccato.

Perché sia una tempesta perfetta però è necessario che altri fattori concorrano, e qui c’è solo l’imbarazzo della scelta. I prezzi alti del grano già prima dell’inizio dell’invasione russa sembra siano stati determinati, oltre che dai già citati problemi climatici, anche da una importante preventiva campagna acquisti cinese. Senza lanciarsi in dietrologie, è sicuramente da verificare se questo sia avvenuto perché il governo di Pechino fosse informato in anticipo delle intenzioni del Cremlino sull’Ucraina, certo è, però, che la tendenza ad aumentare acquisti e riserve della Cina prosegue da anni a prescindere dalle intenzioni belliche russe.

Uno scenario destinato a complicarsi

In ogni caso quello che si prefigura è uno scenario davvero intricato destinato a complicarsi ulteriormente: secondo un’analisi di Coldiretti a livello mondiale il peso di Russia e Ucraina per prodotti agricoli, incluso il grano, è molto significativo, rappresenterebbero infatti quasi 1/3 del commercio mondiale di grano (29%) e il 19% delle forniture di mais per allevamento e 80% di olio di girasole.

Numeri importanti che spiegano solo in parte l’aumento dei prezzi che potrebbe coinvolgere pane, dolci e pasta colpiti molto più duramente dai rincari di energia e carburante che si ripercuoto più volte sulla filiera. «Molti molini medio-piccoli sono in crisi, hanno visto le bollette dell’energia triplicare, in un settore che ha già margini molto ridotti e che tra l’altro può rivalersi in modo molto parziale sul consumatore » evidenzia Zerbini. A prescindere dal grano infatti il mondo agricolo è impattato da questa crisi a 360°.

Potrebbe interessarti

Con la crisi in Ucraina ritardi nelle consegne dei macchinari agricoli

I grandi costruttori di Trattori hanno tempi di consegna che superano l’anno e prezzi che vengono aggiornati al momento della consegna, molti acciai, speciali e non, vengono dalla Russia (e non possono più arrivare), mentre i produttori di chip sono sovrastati dalla domanda. Grandi player anche italiani (dei chip) hanno le fabbriche intasate dagli ordinativi e riescono a soddisfare solo il 40% della domanda. Questo perché gli oggetti ‘intelligenti’ si sono moltiplicati e la smartness è abilitata dall’elettronica sia essa di frigoriferi, cellulari, macchine del caffè o sveglie. Giusto per dare una dimensione del mercato, l’automotive richiede il 3% dei chip normalmente prodotti, mentre i trattori circa lo 0,01%.

Detto questo è la componentistica in generale e la supply chain a essere stravolta con prezzi in ascesa costante. Un costruttore di sensoristica legato all’agricoltura di precisione ci ha confessato che componenti da 2 – 3 euro hanno quasi centuplicato il costo con evidenti ripercussioni sui prezzi finali. In questo senso il modello just in time, più che una scelta voluta, diventa l’unica alternativa possibile, anche se tutti stanno rivalutando non solamente il ruolo del magazzino, ma anche quello dei fornitori con scuole di pensiero diverse.

Per alcuni le filiere troppo lunghe per un bel po’ non le vedremo più, troppo rischioso legarsi mani e piedi a produttori dall’altra parte del mondo, per altri la specializzazione della produzione è ormai ineluttabile, nel brevissimo periodo avremo un fenomeno di reshoring, ma durerà poco. La terza via è quella di costruire delle relazioni che vanno al di là della semplice fornitura, un modello spinto anche dalle nuove tecnologie che porta una cooprogettazione con il partner e un legame di filiera sempre più stretto. Forse un ritorno al passato che favorirà distretti industriali multidisciplinari e contigui.

Il problema dei pagamenti

Tornando alle nostre aziende agricole, molte hanno filiali in Russia, per ora riescono a produrre, anche se l’operatività è messa pesantemente in discussione, si riescono ancora a ricevere pagamenti, ma la situazione è sempre più complessa e in continua evoluzione. Sicuramente verranno imposti dei limiti sulla gestione finanziaria e tutti dubitano che quella della nazionalizzazione sia una strada percorribile anche se nessuno può sapere cosa succederà precisamente nelle prossime settimane.

«In questo contesto di crisi emerge quanto sia importante la produzione e quanto le filiere non siano coperte – evidenzia Giordano Emo Capodilista, vicepresidente nazionale di Confagricoltura – come Europa e come Paese non è il momento di dividersi ed è il momento di darsi una strategia per essere quanto più possibile indipendenti da un punto di vista energetico e alimentare.

Per far questo bisogna dare forza alla ricerca con apertura alla genetica (per aver produzioni resistenti) e al digitale in cui crediamo molto. Inoltre, non bisogna mai perdere di vista il reddito della azienda agricola che ha un prodotto strategico, non dobbiamo correre il rischio di diventare un ‘Paese giardino’ che non dà al settore Primario la giusta importanza». Riflessioni che portano immediatamente a pensare ai tavoli che proprio in questi giorni stanno lavorando sul PNRR e sulla ricalibrazione degli incentivi, temi che improvvisamente, ma giustamente, diventano finalmente centrali anche nel dibattito pubblico più largo.

In primo piano

Tractor of the Year 2025, ecco chi ha vinto

Nella categoria HighPower vince il Case IH Quadtrac 715. Fendt, invece, si porta a casa il titolo nella categoria MidPower. Steyr, invece, con il 4120 Plus vince negli Utility. Antonio Carraro convince negli Specialized. Ecco tutti i vincitori

Articoli correlati