Mentre il Governo ha annunciato il via libera allo Stato di Emergenza per la dilagante siccità che ha travolto l’Italia (con ripercussioni più gravi soprattutto nei campi del Settentrione), gli effetti del caldo si sono riversati come uno tsunami – ma in questo caso senz’acqua – sul settore risicolo, concentrato soprattutto tra Piemonte e Lombardia. In base a quanto emerge dall’ultima analisi della Coldiretti, il raccolto di riso italiano è infatti calato del -30%: si tratta di una nuova scure che si abbatte su una filiera già in affanno, che ha perso oltre diecimila ettari di semine a causa della riconversione agricola adoperata da molti operatori in conseguenza dell’aumento dei costi di produzione registrato nella prima parte del 2022.

A preoccupare sono l’economia e l’occupazione per oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera ma anche la tutela dell’ambiente e della biodiversità. Sono 200 infatti le varietà iscritte nel registro nazionale, dal vero carnaroli, con elevati contenuto di amido e consistenza, spesso chiamato “re dei risi”, all’arborio dai chicchi grandi e perlati.

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La siccità, in particolare, ha colpito un settore agroalimentare che è strategico per l’economia e l’approvvigionamento alimentare del Paese, con 217mila ettari coltivati in Italia, e dove si raccolgono 1,5 milioni di tonnellate di risone all’anno, oltre il 50% dell’intera produzione Ue, con una gamma varietale unica e fra le migliori a livello internazionale. Le due regioni dove si raccoglie più riso in assoluto – come detto, Piemonte e Lombardia – sono proprio l’epicentro dell’ondata di caldo eccezionale e siccità che sta colpendo il Paese. Fra le province di Novara, Vercelli e parte di quella di Pavia ci sono aree dove il rischio concreto è di perdere anche il 40% della produzione in seguito alla mancanza di acqua per dissetare le giovani piantine. Diversi agricoltori – riferisce la Coldiretti – si sono trovati nella drammatica situazione di dover scegliere chi far sopravvivere con le irrigazioni: una risaia piuttosto che un’altra, un campo di mais o uno di Carnaroli o Arborio.

La piaga della concorrenza sleale

“Per cercare di contrastare l’aumento dei costi di produzione bisogna lavorare fin da subito sugli accordi di filiera che sono uno strumento indispensabile per la valorizzazione delle produzioni nazionali e per un’equa distribuzione del valore lungo la catena di produzione” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Le parole del presidente della Coldiretti fanno riferimento in particolar modo al fenomeno della concorrenza sleale delle importazioni low cost dai paesi asiatici che vengono agevolate dall’Unione Europea nonostante non garantiscano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e dei diritti dei lavoratori.

In Italia – evidenzia Coldiretti – oltre il 70% del riso importato è oggi a dazio zero. Un esempio è il Myanmar che è diventato il nostro primo fornitore con 23 milioni di chili nei primi quattro mesi del 2022, dieci volte di più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente con un trend favorito dalla scadenza della clausola di salvaguardia con la quale si erano bloccate le agevolazioni tariffarie concesse al Paese asiatico e alla Cambogia.

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