Siccità, a rischio il 30% dei prodotti agricoli. Danni per 6 mld €
CIA-Agricoltori Italiani: "Bene che sia stato convocato l’incontro interministeriale del primo marzo da parte di Palazzo Chigi". Ma serve sfruttare le risorse del PNRR per la realizzazione degli invasi e proseguire nella ricerca
La siccità che ha già travolto le campagne italiane rischia di creare le premesse per un’altra estate complicatissima: in base ai dati rilasciati da CIA-Agricoltori Italiani l’eventuale deficit tra qualche mese potrebbe dare origini a drastici cali produttivi del 10% per gli ortaggi e, in alcune zone (soprattutto al nord dove la crisi idrica sta colpendo con maggiore vigore) addirittura fino al 30% per mais e riso, le colture più importanti di intere aree rurali. Una situazione complessa, acuita dall’assenza di precipitazioni che in alcune aree mancano da quasi due mesi, per cui anche il Governo è sceso in campo, convocando una riunione interministeriale il 1° marzo 2023 a Palazzo Chigi, per varare un piano di interventi a breve, medio e lungo termine.
Cia, nella nota in cui ha apprezzato l’iniziativa governativa, ha ribadito che occorre “finalizzare un piano infrastrutturale di piccoli laghetti e invasi da affiancare alle azioni già previste con il Pnrr e a quelle per il riutilizzo a uso agricolo delle acque reflue depurate“. Ma non è finita qui. “Serve avviare urgentemente la sperimentazione in pieno campo delle nuove tecniche di miglioramento genetico (New Breeding Techniques – NBT) e dare al Paese una legge nazionale contro il consumo di suolo”. Questo perché le aree sottratte all’agricoltura negli ultimi dieci anni avrebbero potuto favorire l’infiltrazione delle precipitazioni. Si stima che proprio per questo motivi si siano andati persi 360 milioni di metri cubi di pioggia.
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Emergenza siccità, le proposte di CIA
Le proposte avanzate, sottolinea Cia, sono essenziali per affrontare una siccità ormai strutturale, con il 45% di neve in meno sulle Alpi, rispetto al 2022, e invasi che riescono a trattenere non più dell’11% di acqua, quando servirebbe arrivare almeno al 30%. Dal Piemonte all’Emilia-Romagna, con il Po a secco, la crisi idrica potrebbero arrivare a togliere fino a 8 mila ettari di riso, visto l’abbandono già in atto, mentre le semine di mais, strategico per gli allevamenti, sono già scese al minimo storico nazionale di 564 mila ettari, oltre il 30% solo in Veneto, e registrano un calo di 21 milioni di tonnellate a livello Ue.
Si tenta un cambio di coltura con la soia o il frumento. Inoltre, il 2023 sarà difficile anche per gli ortaggi in pieno campo dove si conta un 10% in meno di prodotti, legato a siccità, caldo di inizio inverno e freddo improvviso. In particolare, le carote nel Lazio stanno costando care ai produttori, costretti a irrigazione continua, visti i terreni sabbiosi. Per innaffiare i prodotti di stagione, qui si ricorre spesso ai pozzi e tutto si ripercuoterà sulla bolletta energetica.
A patire, poi, anche le nocciole con la mancanza d’acqua che sta compromettendo la fioritura in corso e inciderà sull’impollinazione, probabilmente scarsa. Sarà un’annata dura anche per la vendemmia con un calo produttivo tra il 10 e il 15%, rispetto allo scorso anno. In questo caso, le piante non hanno accumulato il sufficiente fabbisogno di freddo e non sono andate completamente in riposo vegetativo, senza contare che i germogli precoci rischiano di essere bruciati da eventuali gelate tardive. Stessa sorte potrebbe toccare all’olivo. Con un inverno mite e senza sufficienti scorte idriche nel terreno, ci saranno problemi in fioritura.
“Sollecitavamo da tempo un’azione decisa da parte del Governo rispetto all’emergenza siccità e alla crisi idrica -commenta il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini-. Ora, accolte anche le nostre istanze, ci aspettiamo un approccio veloce, mirato e concreto, dai rappresentanti dei ministeri Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Affari Europei, Coesione e Pnrr e il Dipartimento della Protezione civile che, a stretto giro, si troveranno a ragionare insieme per varare un piano di interventi nel breve e lungo periodo”. “Ѐ opportuno ragionare insieme, filiera e istituzioni, per non far saltare gli equilibri, spesso a carico delle aziende del settore”, ha poi concluso Fini. “Subito a lavoro per un’agricoltura più resistente ai cambiamenti climatici e per un’infrastruttura irrigua che non ci renda fanalino di coda in Europa e nel mondo, dove il nostro Made in Italy deve continuare a vincere”.