Come è andato il 2024 per Same Deutz-Fahr (SDF) e che previsioni avete per il 2025?

Il 2024 è stato un anno piuttosto complicato soprattutto se paragonato alle annate precedenti in cui il problema era fondamentalmente quello di soddisfare la richiesta. Il Gruppo in previsione di un calo consistente delle vendite ha frenato la produzione già in tempi non sospetti allineandosi con la domanda del cliente finale, anche se il portafoglio ordini era molto alto. Questo per monitorare gli stock dei dealer e la supply chain in modo da non penalizzare nessuno nel processo.

Oggi il mercato europeo, come d’altronde quello mondiale, registra a livello di immatricolazioni una contrazione del 10 per cento, ma il calo di fatturato si assesta sul 25 per cento. In questo contesto la competizione per la vendita è molto più serrata che negli ultimi anni. In sostanza ci si muove come accadeva fino al 2019, prima del boom post covid. Questo non ci spaventa, stiamo vivendo un assestamento fisiologico del mercato dopo gli eccessi del 2021 e 2022 acuito da contingenze esterne come i conflitti in corso e una PAC poco fluida dal punto di vista burocratico.

Per il 2025 in SDF prevediamo un primo semestre sulla linea di quest’anno con la speranza di una ripartenza nel secondo semestre. Dico questo perché sostanzialmente i cicli negativi in agricoltura durano al massimo tre anni e non è auspicabile un calo strutturale della domanda. Un miglioramento della situazione geopolitica, accompagnato da una diminuzione dell’inflazione e da un adeguamento dei prezzi dovrebbero favorire la ripartenza del mercato. A maggior ragione se il tutto fosse coadiuvato da una politica più chiara a livello di incentivi”.

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A tal proposito come vede in Italia la transizione dalla misura 4.0 alla 5.0?

Se potessi scegliere piuttosto che sulle misure 5.0 opterei per una rottamazione ben fatta che permetta da un lato lo svecchiamento di un parco macchine obsoleto sia dal punto di vista delle prestazioni che da quello ambientale e dall’altro una ripresa del mercato rapida e certa. Si eviterebbero in tal modo tutte le ambiguità strutturali e gli inghippi burocratici che ostacolano l’accesso alla 5.0. Non dimentichiamo che gli sgravi fiscali per l’acquisto di macchine con tecnologie 4.0 ancora oggi sono disponibili fino al 20 per cento. L’interrogativo è: si potrà mai tornare a valori del 40 o addirittura del 50 per cento? Se la risposta è no è meglio essere chiari sin da subito per non generare false aspettative che più di ogni altra cosa frenano la propensione all’acquisto in vista di qualcosa che poi non accadrà”.

Qual è la ripartizione del giro d’affari SDF tra Italia ed estero?

Il mercato Italia oggi per SDF pesa tra il 10 e il 12 per cento del fatturato complessivo. Negli ultimi anni abbiamo cercato di ridurre la dipendenza dell’azienda dai mercati europei, in particolare da Italia e Germania. Quello del Vecchio Continente è un mercato essenzialmente saturo con una concorrenza estremamente stabile e qualificata. Negli ultimi cinque anni abbiamo lavorato per allargare il baricentro oltre i confini europei e oggi il nostro giro d’affari è rappresentato per il 50 per cento da mercati extra europei. Sono cresciute realtà in cui abbiamo creduto e investito, in primis la Turchia, in cui la nostra quota è decollata trainata dall’exploit interno.

Crediamo ancora nel mercato ucraino dove abbiamo iniziato a investire prima della guerra. Altri tasselli importanti sono la presenza commerciale in Messico per curare i mercati dell’America Latina e in Africa dove stiamo finalizzando un’analoga struttura in Tanzania. Guardando quali saranno in prospettiva le nuove aree da coltivare e le richieste di meccanizzazione è chiaro che i due continenti più promettenti in tal senso sono proprio Africa e America latina. Il futuro dell’agricoltura al netto di tutte le problematiche geopolitiche sarà dunque in quelle aree. Ovviamente cercheremo di produrre dove più conviene.

Oggi realizziamo la gamma alta in Germania a Lauingen, mentre il mid range e gli specializzati premium nascono a Treviglio. I nostri stabilimenti in Turchia e India ci garantiscono invece la competitività nell’entry level da 50 a 130 cavalli. Lo stesso vale per la Cina che in futuro ci garantirà anche mezzi per i mercati in via di sviluppo fino a 300 cavalli”.

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Qual è la strategia per i tre brand da parte di SDF: Deutz-Fahr, Same e Lamborghini?

L’evidenza dei numeri conferma che l’80 per cento del fatturato SDF è ormai apportato dal nostro brand global che è Deutz-Fahr. Anche in Italia, mercato storicamente fidelizzato al marchio Same la situazione si sta evolvendo abbracciando sempre più Deutz-Fahr, un marchio tedesco dal cuore italiano. Ciò non toglie che in alcune aree Same era ed è il brand di riferimento e continuerà ad esserlo con la sua identità, i suoi prodotti e i suoi concessionari.

Rendere Lamborghini una serie speciale di Deutz-Fahr ci ha consentito di riposizionare il marchio in una fascia super premium per una nicchia di clienti molto esigenti anche in termini di design. Vitibot ci permette di esplorare nuove soluzioni integrabili sulle gamme di trattori da vigneto e frutteto come avvenuto per il pacchetto Smart Vineyard Tractor premiato ad Eima. L’acquisizione di Vitibot al di là dei prodotti che già oggi sono sul mercato ci consente quindi di avere un know how diretto su quelli che sono i macro trend dell’innovazione in campo agricolo, dall’elettrificazione all’automazione”.

Qual è il futuro dei trattori a livello di propulsione per il gruppo SDF?

Come gran parte dei competitor anche noi stiamo testando prototipi di trattori full electric, laddove c’è una reale opportunità, ovvero nel campo degli specializzati. Sopra i cento cavalli ci concentriamo sugli alternative fuels (HVO e carburanti sintetici). Attualmente non vediamo altre strade che consentano un miglioramento della sostenibilità accompagnato da performance adeguate alle necessità dei clienti. In ogni caso quando si parla di energie alternative un driver principale deve essere la politica, incentivando l’utilizzo di soluzioni più compatibili mantenendo la competitività degli agricoltori”.

Nell’ottica di allargare la vostra presenza sui mercati europei quali sono le gamme su cui state lavorando?

La serie 6 C ci sta dando una grossa mano. Dopo tre anni dal lancio stiamo facendo dei miglioramenti a livello di geometria del sollevatore posteriore e di portata del ponte anteriore.La gamma deve rimanere leggera garantendo però delle caratteristiche sovrapponibili alle serie superiori. Stiamo inoltre spingendo sugli utility grazie a una gamma prodotta in Turchia tra gli 80 e i 120 cavalli emissionata Stage V ma con un prezzo paragonabile a quello che riguardava i modelli Tier 3B.

Questo perché l’avanzamento degli step motoristici abbinato all’inflazione ha portato negli ultimi anni i listini delle macchine entry level a livelli fuori mercato, aprendo le porte a nuovi competitor dall’Est forti di prezzi molto competitivi. Servono dunque soluzioni in grado di contrastare da un lato la crescita dell’usato e dall’altro l’espansione di brand asiatici interessati ai mercati occidentali”.

Qual è oggi il trend a livello di connettività e smart agriculture?

Stiamo constatando come le nuove tecnologie digitali debbano essere scalabili a seconda delle necessità dei clienti nelle varie aree geografiche. In Africa, in Sud America e nel Sud Est asiatico la richiesta è ancora rivolta a macchine semplici dal punto di vista tecnologico, ma dotate di guida satellitare e telemetria della macchina via mobile, poiché l’età media degli imprenditori agricoli è molto più bassa che in Europa. Il concetto che le nuove aree in via di sviluppo tecnologico seguano l’evoluzione che ha caratterizzato l’Europa con un crescita della connettività che va di pari passo con l’evoluzione tecnologica del trattore si è rivelato errato.

La velocità di sviluppo del digital è più che doppia rispetto a quella che è la tecnologia dell’hardware e quindi in questi Paesi che stanno esplodendo dal punto di vista demografico con un’età media degli agricoltori molto bassa la richiesta di connettività su macchine entry level è altissima ed è proprio in questa direzione che ci stiamo muovendo”.

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