Same Silver 180 DT, per chi bada al sodo. La prova di inizio millennio
Ai tempi non proponeva soluzioni esclusive e nemmeno un look all'avanguardia. Ma lavorava bene, sfoderando quasi 200 cv, era robusto e costava poco. In più offriva la trasmissione powershift intelligente e il regolatore elettronico dei giri motore. Le impressioni sul trattore prodotto dalla Casa di Treviglio nel 2002
Il gruppo Same si è sempre distinto per la velocità con cui è sempre stato in grado di registrare le esigenze e le tendenze dei clienti e di proporre le conseguenti soluzioni. Capacità che è confermata dalla frequenza con cui la Casa di Treviglio sfornava (e sforna tuttora) soluzioni tecniche di upgrade e serie di trattori “ad hoc”. Come il Same Silver 180, nato per soddisfare la consistenza fascia di clientela che necessita di molti cavalli per eseguire le lavorazioni medio/pesanti, peso contenuto per le lavorazioni secondarie e un altrettanto “limitato” investimenti per il bilancio aziendale. Elettronica ben dosata, non ingombrante e superflua, e meccanica completa a garanzia di prestazioni e polivalenza. E anche il design seguiva la stessa filosofia: niente linee avveniristiche ma una styling sobrio, non modernissimo ma comunque funzionale.
Same Silver 180 DT, meccanica affidabile ed elettronica solo dove serve. Il resto è potenza
La struttura era assolutamente convenzionale, con motore e trasmissione che fungono anche da elementi portanti e robusti assali anteriori e posteriori a riduzione epicicloidale. Same il motore 6 cilindri turbo intercooler, con 6 litri di cubatura capace di 189 cavalli Ece R 24 al volano. Non proprio basso il regime nominale di 2.350 giri, ma con una velocità del pistone di 9 metri al secondo la durata è sicura. E i 76 chillogrametri di coppia a 1.400 giri garantivano la capacità di lavoro. Esaltata dai 950 giri d’arco d’utilizzo, dalla riserva di coppia notevole (supera il 30%) e ancor di più dall’esclusivo sistema di alimentazione Resonance che aumenta l’immissione di aria ai cilindri ai bassi/medi regimi.
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I giri giusti per ogni condizione di lavoro
Sulla pompa rotativa si è poi applicato il regolatore a controllo elettronico, con cui si ottiene una doppia mappatura: per il regime di lavoro e per la manovra. Il tutto è programmabile e selezionabile tramite il comando sul montante destro, dove c’è il display che informa anche sul consumo istantaneo e sulla potenza erogata in percentuale. Mentre l’acceleratore elettronico è sdoppiato anche sulla leva multifunzione del cambio. Bello il rombo del motore e ben collocato lo scarico sul montante anteriore sinistro della cabina, per non interferire sulla visuale.
E buona la capacità del serbatoio standard (360 litri) che porta l’autonomia delle 9 ore. Non eccezionale l’accessibilità al vano motore: i soliti fianchetti smontabili non sono certo all’altezza dei cofani completamente ribaltabili. E anche la pulizia dei radiatori di raffreddamento non si poteva dire delle più rapide.
La trasmissione Automatic powershift forniva 9 marce sotto carico su tre gamme, per un totale di 27
A dire quale velocità è inserita (da 1 a 9) e che direzione di marcia era preselezionata ci pensava l’apposito display. Con un pulsante si può inoltre impostare la trasmissione in modo normale (manuale), automatico “power” (per le massime prestazioni) e automatico “economy” (per il contenimento dei consumi). E nelle due modalità automatiche bastava accelerare e, in base ai giri del motore, il Same Silver 189 cambiava marcia da solo. Il giudizio era buono anche per il bloccaggio differenziale e la doppia trazione a controllo elettroidraulico, entrambi automatizzabili per le manovre di fine campo con l’Sba.
Elettronica anche la gestione del potente sollevatore posteriore da 10mila kg. Era alimentato da un pompa da 73 litri al minuti ed era dotato anche del radar per il controllo dello slittamento. Un’altra pompa serviva i circuiti a bassa pressione come lo sterzo. La presta di forza posteriore, dotata di frizione a dischi in bagno d’olio e comando elettroidraulico, lavorava a 540 e mille giri al minuto.
La cabina: lo stile era degli Anni 80. Datata nel design già ai tempi, offriva comunque comfort sufficiente e ottimo controllo
Come già accennato la cabina non brillava per lo stile. Era infatti squadrata e un po’ demodè (già a inizio 2000), ma non stonava più di tanto grazie al largo impiego di superfici vetrate color fumè che proteggevano dal sole e rendevano leggera la struttura. Come e ben protette dal fango le scalette regolabili e particolare l’apertura (non troppo ampia) controvento delle portiere, caratteristica più unica che rara. L’interno cabina non era molto spazioso ma la posizione di guida era comunque buona, il sedile pneumatico assorbiva bene gli scossoni e la visibilità all’esterno era discreta. I comandi erano ben posizionati: spiccava l’imponente cruscotto dotato di una strumentazione semplice e chiara. Il perfomance monitor posto sulla destra, poi, forniva un cospicuo numero di informazioni, tra cui la percentuale di slittamento, gli ettari lavorati e la resa oraria.