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 Presidente Rinaldin, c’è o non c’è una strettissima correlazione tra le immatricolazioni e l’attività del concessionario? Quanto pesa l’after-market per un dealer?

L’attività generale del concessionario, nella maggior parte dei casi, è la medesima da anni. Un modo di operare che si tramanda anche da generazioni e che si adegua nel tempo ai cambiamenti, assecondando le esigenze dei clienti e le aspettative del fornitore. Certamente un dealer, in un mercato delle macchine che cala, potrà dedicare più attenzione al modo di fare after-market, ma sicuramente non sarà sconvolgente rispetto al suo solito modo di fare. La correlazione c’è, ma a mio avviso non risulta più determinante che in passato.

Negli ultimi anni, il numero di concessionari di macchine agricole presenti sul territorio italiano è sensibilmente cambiato?

No, non sembra molto diverso. I numeri sono pressoché invariati, non si riscontra una moria di concessionari, bensì un assorbimento da parte dei big-dealer dei più piccoli, a volte trasformati in succursali, a volte semplicemente convenzionati, ma sempre presenti sul mercato.

La figura del dealer è in continua evoluzione. In che direzione sta andando oggi?

Oggi il dealer più che mai va diviso in “trattorista” e “attrezzista”. Il primo si concentra sempre più sul core business del trattore, quindi legato ad un marchio molto spesso internazionale. Egli asseconda la necessità di realizzare numeri e fatturato. Il secondo, l’attrezzista”, si sente più libero e disinibito, si propone più facilmente sul mercato. Per lui è più facile frequentare la clientela e a volte riesce a specializzarsi nelle nicchie di mercato. Un tema rimane però comune ad entrambe le categorie: il continuo investimento e rinnovamento. Si va e si deve necessariamente andare verso l’erogazione di servizi; sia come fonte di reddito, sia come  agevolazione alle vendite. La presenza capillare, nel territorio di competenza, è sempre più importante; ma i sistemi classici (fiere, porte aperte…) non pagano più e quindi bisogna programmare ed attuare metodi innovativi (dimostrazioni personalizzate, comunicazioni con i social network…)

 Quali sono gli aspetti che caratterizzano il legame tra il costruttore di macchine agricole e il suo concessionario?

Ogni casa costruttrice ha gli obiettivi che predilige rispetto ad altri player, in termini di redditività, d’incidenza sul mercato, d’immagine, di post vendita e altro. Ovviamente di questo se ne parla “in famiglia”, e solitamente le soluzioni si trovano. Il problema più grande è che il concessionario è visto come una controparte dal costruttore e non una parte del suo brand, del suo business. Eppure sarebbe semplice ottimizzare il legame tra dealer e costruttore: basterebbe dividere più equamente i diritti e doveri e così, automaticamente, si determinerebbe anche una suddivisione più equa dei margini. Il contratto che lega concedente e concessionario prevede clausole molto ben definite dal costruttore, alle quali il concessionario non può far altre che dire di si o di no. Talvolta più che una collaborazione sembra una sottomissione. Proprio qualche giorno fa ho ricevuto una confidenza da un grande concessionario di un marchio estero. Il collega mi testimoniava l’affannosa rincorsa agli obiettivi di vendita per poter recuperare i bonus (già in realtà destinati ad abbassare le quotazioni di mercato). In questo modo si entra in una spirale che sembra non avere fine e, continuava il collega, senza trovare alcuna possibilità di discussione o di riesame con la concedente. Rimane quindi determinante avere un rapporto serio e sereno con il proprio partner commerciale, per affrontare un mercato che, senza tanti problemi, cala di 5 punti percentuali all’anno.

 Le finanziarie dei grandi gruppi costruttori di macchine agricole, quanto e come stanno sostituendo il ruolo dei tradizionali istituti di credito?

Parliamoci chiaro: la bontà del tasso è interessante ma non determinante per portare a buon fine una trattativa. Queste finanziarie, spesso legate ai canali tradizionali, non apportano granché di nuovo. Il problema che rimane è la concessione del credito, e non mi sembra che queste società siano più accondiscendenti delle altre. Se i parametri di concessione del credito sono scarsi, la transizione non va in porto. Sono in grande aumento il numero di trattative portate alla firma alle quali non viene dato seguito a causa della non concessione del credito (ma i costi commerciali rimangono e gravano sul bilancio aziendale).

 Come si preannuncia il 2015 per i concessionari italiani di macchine agricole?

Fare previsioni per l’anno in corso è un compito da veggente. D’altro canto nessuno aveva previsto un calo così deciso per l’anno appena trascorso. Se consideriamo i rumors della clientela che frequentiamo e visti i prezzi dei prodotti agricoli che precipitano, nuovi investimenti non vorrebbero farne. I dealer vedono un parco macchine che sta invecchiando a vista d’occhio, aumentano le riparazioni, talvolta si lesina anche su quelle, il contenimento dei costi sembra essere una urgenza per i nostri clienti. Si aspetta sempre uno stimolo per investire, una forma contributiva. Con questi presupposti il futuro non è roseo, ma un imprenditore è ottimista per natura!

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