Riso, in Italia i terreni coltivati diminuiscono di 10mila ettari. E Coldiretti lancia l’allarme sulla concorrenza sleale
Prandini: "Per cercare di contrastare l’aumento dei costi di produzione bisogna lavorare fin da subito sugli accordi di filiera che sono uno strumento indispensabile per la valorizzazione delle produzioni nazionali e per un’equa distribuzione del valore lungo la catena di produzione”
Da una parte i rincari di energia e materie prime (senza dimenticare la grave siccità che ha colpito i bacini idrografici italiani nei primi mesi del 2022), dall’altra la concorrenza sleale dei paesi emergenti, in cui non vengono garantite le stesse condizioni di qualità e di rispetto del lavoro dell’UE: un combinato disposto, quello messo in evidenza dalla Coldiretti, che ha travolto il comparto del riso italiano, facendo crollare la superficie coltivabile di ben 10mila ettari, che è quindi passata da 227mila a 217mila ettari.
Una diminuzione preoccupante, in un Paese come l’Italia dove si raccolgono 1,5 milioni di tonnellate di risone all’anno, oltre il 50% dell’intera produzione Ue, con una gamma varietale unica e fra le migliori a livello internazionale. Scenario che potrebbe complicarsi ulteriormente se si considera che a causa del conflitto in Ucraina, che ha portato al crollo delle esportazioni di grano e mais, i consumi alimentari mondiali potrebbero spostarsi gradualmente in diversi paesi proprio verso il riso, in accordo con quanto riportato dal dipartimento dell’agricoltura statunitense (Usda)
“Per cercare di contrastare l’aumento dei costi di produzione bisogna lavorare fin da subito sugli accordi di filiera che sono uno strumento indispensabile per la valorizzazione delle produzioni nazionali e per un’equa distribuzione del valore lungo la catena di produzione” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
Riso, il nodo della concorrenza sleale
Coldiretti ha poi puntato i riflettori sulla concorrenza sleale delle importazioni low cost dai paesi asiatici che vengono agevolate dall’Unione Europea nonostante non garantiscano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e dei diritti dei lavoratori. Un esempio è il Myanmar che è diventato il nostro primo fornitore con 51 milioni di chili secondo un’analisi Coldiretti su dati relativi ai primi quattro mesi del 2022, favorito peraltro dalla scadenza della clausola di salvaguardia con la quale si erano bloccate le agevolazioni tariffarie concesse al Paese asiatico e alla Cambogia.
In tale ottica, nell’ambito della revisione del regolamento Spg che regola i rapporti commerciali con i paesi in via di sviluppo, è positivo, il voto della Commissione per il commercio internazionale dell’Ue – sottolinea Coldiretti – che prevede lo scatto automatico della clausola di salvaguardia, con la sospensione delle agevolazioni, quando le importazioni di riso dai Paesi meno avanzati superano la soglia 10% del valore delle importazioni nell’Unione degli stessi prodotti provenienti da tutti i paesi Eba.
Inoltre, secondo la Coldiretti, i paesi beneficiari, negli emendamenti votati, dovranno rispettare una serie di convenzione sui diritti umani. A preoccupare non è solo l’economia e l’occupazione per oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera ma anche la tutela dell’ambiente e della biodiversità. Per un settore che conta 200 varietà iscritte nel registro nazionale, dal vero carnaroli, con elevati contenuto di amido e consistenza, spesso chiamato “re dei risi”, all’arborio dai chicchi grandi e perlati che aumentano di volume durante la cottura fino al vialone nano, il primo riso ad avere in Europa il riconoscimento come indicazione geografica protetta, passando per il roma e il baldo che hanno fatto la storia della risicoltura italiana.