Nuovo cambio Quadrishift II con funzione Quadractive per l’automazione delle marce sotto carico; nuovo sollevatore posteriore a controllo elettronico da 8.470 chili, nuova idraulica con circuito load sensing e possibilità di disporre del ponte anteriore sospeso Carraro. Erano le principali peculiarità che caratterizzavano la seconda generazione di Renault Ares, macchine provate dalla redazione di Trattori vent’anni fa nel 2002, dopo un primo contatto avvenuto sul finire degli anni ’90 con la prima generazione, parte di un marchio che poi, nel 2003, sarebbe stato acquisito da Claas. Una gamma che offriva un’ottima qualità costruttiva associata a elementi esclusivi di rilievo. Uno su tutti la sospensione integrale della cabina. Tre le gamme disponibili: 500, 600 e 800 (con quest’ultima che sostituì la precedente serie 700), destinate a ricoprire un range di potenza compreso tra i 92 e i 205 cv ovvero la fascia più combattuta d’Europa. L’attacco da parte di Renault poteva considerarsi sferrato.

Renault Ares 696 RZ: comanda in patria, sconosciuto altrove

Il marchio francese, pur essendo leader indiscusso Oltralpe, è infatti sempre stato relegato ai margini della ricca torta costituita dal mercato europeo e mondiale di trattori, situazione probabilmente collegata al fatto che Renault Agricolture è legata a Renault Automobile e quindi per anni è stata proposta come industria di stato, entità che di rado lavorano con l’aggressività che caratterizzano le industrie private. Emblematica in tal senso la quota inferiore all’uno per cento detenuta ai tempi del lancio del Renault Ares in Italia.

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Un po’ meglio l’Inghilterra con il 5% per la Svizzera e il Belgio con il 7%. Ma non si poteva certo parlare di numeri consoni a un marchio conosciuto e stimato in tutto il mondo. Da qui la necessità impellente di recuperare quote a partire proprio dal Bel Paese, dove al lancio delle nuove macchine corrisponde anche il cambio di importatore. Non più Agritalia, con cui comunque rimase invariato il rapporto di fornitura per gli specializzati, bensì Save, il più grosso importatore italiano, celebre per avere portato in Italia il marchio Case e già nome di rilievo nel campo delle attrezzature.

La meccanica. Cuore americano: sotto il cofano pulsa un John Deere

Il modello testato è l’Ares 696 RZ, ovvero la versione di punta della serie 600. A un primo impatto, puramente visivo, la macchina, pur non brillando per originalità, trasmetteva una certa armonia ed eleganza, abbinate a una cura costruttiva ineccepibile. Anche dal punto di vista strutturale il 696 poteva essere definito di tipo tradizionale, con il carro portante costituito, dal supporto dell’assale anteriore a cui è collegato il basamento del motore, un sei cilindri John Deere Power Tech da 6,8 litri di cubatura.

Era in grado di erogare una potenza massima di 147 cavalli a 2mila giri al minuto e 140 al regime nominale di 2.200. Sicuramente una delle migliori unità in circolazione, ampiamente collaudata sui “rivali” verdi, e capace di assicurare elevati standard in termini di prestazioni e affidabilità. In tal senso va segnalata la buona economicità d’utilizzo, con consumi specifici nell’ordine dei 150 grammi per cavallo/ora, che si traducono in 27 litri all’ora a potenza massima. Ottima anche l’autonomia di 8 ore garantita dai 210 litri del serbatoio carburante.

Renault Ares 696 RZ, il cambio è tutto in una leva

La trasmissione vera e propria, denominata Quadrishift II, è composta da un power shift a 4 rapporti, un riduttore (lento/veloce) e un cambio meccanico a 4 marce sincronizzate. Il tutto per un totale di 32 velocità comprese tra 2,1 e 40 km/h, utilizzabili anche in retro. Semplicissimo il funzionamento grazie all’impostazione monoleva che prevedeva raggruppati su unico joystick i quattro rapporti del cambio meccanico nella caratteristica griglia ad “H” con il folle al centro, i due pulsanti di salita e discesa del power shift e la selezione dei due stadi di avanzamento, lepre/tartaruga

Il Renault Ares 696 RZ in prova montava anche l’optional Quadractiv a integrazione del Quadrishift II. In pratica, si tratta di un vero e proprio cambio automatico che agisce sui quattro rapporti in power shift in funzione del regime motore, del suo carico e di due modalità selezionabili: “Power” che privilegia le prestazioni, “Eco” che mira invece al contenimento dei consumi.. Nelle modalità “Power” il passaggio automatico al rapporto superiore si effettua infatti a 2.100 giri, in prossimità cioè del regime nominale a cui corrispondono i massimi valori di potenza, mentre in modalità “Eco” il cambio avviene a 1.700 giri, consentendo di consumare meno carburante.

Il motore che equipaggiava il Renault Ares 696 RZ era un John Deere serie Power Tech, in linea con le norme anti inquinamento dell’epoca e studiato appositamente per gli impieghi agricoli. Un’attitudine enfatizzata dalla corsa lunga che consentiva di ottenere prestazioni di coppia tra le migliori sul mercato

Il motore John DEERE POWER TECH, in grado di esprimere una potenza di 140 cv a 2.200 giri

La cabina. Addio scossoni: dal mondo dei camion la soluzione adatta a migliorare il comfort

Sotto l’aspetto del comfort l’abitacolo del Renault Ares 696 RZ ha veramente pochi rivali. La cabina sfrutta un sistema di sospensione (Hydrostable) derivato dai camion e basato sull’utilizzo di molle elicoidali e ammortizzatori telescopici. Si tratta di un dispositivo piuttosto elaborato che vede anche l’applicazione di barre antirollio e barre di torsione per assorbire, oltre agli scuotimenti verticali, anche quelli trasversali e longitudinali. A seconda delle condizioni operative, si possono poi dare al sistema tre differenti regolazioni (morbida, media e dura) che, nel loro complesso, permettono di lavorare sul velluto, anche sui fondi più sconnessi. Ottima poi l’insonorizzazione, con un livello massimo di rumorosità all’orecchio dell’operatore di 82 decibel

Per quanto riguarda gli interno, pieni voti alla consolle laterale con i comandi ben disposti e facilmente raggiungibili. Lo stesso discorso può essere esteso al sedile sospeso pneumaticamente (altro componente “camionistico”), al cruscotto digitale e all’inversore elttroidraulico. Un po’ misero il volante. Insomma, concludeva la nostra prova d’annata, tanti pregi e pochi difetti per una macchina che come limite, almeno per ora, ha solo la diffusione.

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