Piani di Sviluppo Rurale: gente che spera…e che spreca
Teoricamente, sarebbero già passati più di due anni dall’inizio della programmazione 2014-2020 della Pac. In verità, sappiamo bene che i Piani di Sviluppo Rurale (PSR) di molte Regioni italiane sono stati coinvolti da una serie di ritardi più o meno giustificati. Oggi, tutti programmi sono ufficialmente operativi e la caccia al ‘contributo’ è aperta più che […]
Teoricamente, sarebbero già passati più di due anni dall’inizio della programmazione 2014-2020 della Pac. In verità, sappiamo bene che i Piani di Sviluppo Rurale (PSR) di molte Regioni italiane sono stati coinvolti da una serie di ritardi più o meno giustificati. Oggi, tutti programmi sono ufficialmente operativi e la caccia al ‘contributo’ è aperta più che mai.
20,8 miliardi di euro da spendere
Le risorse finanziarie disponibili in Italia per supportare le azioni di sviluppo rurale fino al 2020 sono pari a 10,4 miliardi di euro di quota comunitaria, più cofinanziamento nazionale e regionale per un monte complessivo di 20,8 miliardi. Numeri importanti che evidenziano l’aumento di fondi (più 6 per cento rispetto al ciclo 2007-2013) a favore del Secondo Pilastro della PAC a scapito del Primo (quello dei Pagamenti Diretti). A circa due terzi del nuovo corso, a che punto è l’avanzamento della ‘spesa’?
L’Italia arranca
Le performance, in termini di avanzamento finanziario, sono molto differenti sia con riferimento alle Regioni che alle diverse Misure previste. A livello nazionale, dall’inizio della programmazione 2014-2020, sono stati finora rendicontati 855,2 milioni di euro pari al 4,1 per cento del totale disponibile (Fonte: Rete Rurale Nazionale). Se il dato complessivo italiano è preoccupante, quelli dei singoli Enti territoriali sono per certi versi imbarazzanti. Non per tutti ovviamente.
Differenze abissali
Tra i più ligi, in testa c’è la Provincia Autonoma di Bolzano capace di spendere da sola il 14,9 per cento del totale nazionale. Ci sono altre otto Enti (Veneto, Provincia Autonoma di Trento, Sardegna, Umbria, Calabria, Sicilia, Lombardia e Basilicata) che comunque presentano percentuali di spesa superiori alla media italiana. La maglia nera (chi l’avrebbe mai detto) va alla Valle d’Aosta e al Friuli Venezia Giulia, con percentuali inferiori addirittura all’1 per cento.