La genesi della Oliver, una delle più iconiche aziende agromeccaniche degli Stati Uniti, risale al lontano 1855, nel pieno dell’epoca del ‘Far West’ e dei pionieri. Agli albori aziendali, tuttavia, non vennero prodotti trattori. La mente brillante di James Oliver, infatti, partorì il cosiddetto Chilled Plow, un aratro rivoluzionario per l’epoca, in grado di lavorare sui terreni anche più duri. Immediato il successo commerciale che in breve tempo travalicò i confini dello stato dell’Indiana (la sede era a Mishiwaka) per raggiungere tutti gli USA, e non solo.

Per il primo trattore bisognerà aspettare fino agli anni ’20 del Novecento, quando vide la luce l’Oliver Chilled Pillow Tractor. Fu proprio in quegli anni che l’azienda di espanse grazie alla fusione con altre società: prima con l’azienda di trattori Hart Parr, poi con la Nicolas & Shepard e in seguito con l’American Seeding Company. Fu così che nacque la Oliver Farm Equipment Company nel 1929 (poi solo Oliver Corporation a partire dal 1944).

Oliver, alla fine dei ‘Roaring Twenties’ arrivano i trattori

Il primo modello uscito sul mercato della neonata società fu la macchina per aratura ribattezzata Oliver Hart-Parr 18-27 cv, con una singola ruota anteriore e due ruote posteriori con carreggiata regolabile. I modelli successivi furono l’A, il primo modello a quattro ruote, con potenze comprese tra 28 e 44 cv. Il mezzo era particolarmente potente per l’epoca: forte di un motore 4 cilindri 443 CID a cherosene, era in grado di trainare aratri fino a cinque vomeri.

Nel 1935 una piccola rivoluzione: sul mercato arrivarono i primi modelli 70 con motore Waukesha 6 cilindri, più potente dei 4 cilindri visti fino ad allora. Il raffreddamento era ad acqua e le linee davvero inusuali per l’epoca, con quel muso longilineo e aerodinamico. Il modello riscontrò un enorme successo commerciale e fu prodotto fino al 1948, sia con la configurazione per l’aratura con ruota anteriore doppia che singola. Un mezzo che aveva alzato l’asticella in fatto di versatilità: all’occorrenza, infatti, poteva essere impiegato nei frutteti o nelle industrie. Il colore era il tipico verde scuro del brand, con cerchioni rossi.

Pochi anni dopo fu la volta degli Oliver 90, ancora con motore 7,2 litri da 4 cilindri e trasmissione a tre velocità, e il modello 99, quello prodotto più a lungo dell’intero brand, ininterrottamente per più di vent’anni, dal 1937 al 1957. Dopo la fine del conflitto bellico i modelli 70 (e i successivi 80) iniziavano a mostrare i primi segni del tempo: vennero quindi rinnovati, con il lancio delle serie 77 e 88. Quest’ultimo, in particolare, portava in dote una nuovissima trasmissione a sei velocità con due retromarce, nuova livra Fleetline, oltre al motore 6 cilindri Waukesha.

Gli anni ’50 videro il miglioramento delle gamme esistenti con il lancio delle verse ribattezzate ‘Super’: fu così che videro la luce il Super 66, il Super 77, il Super 88 e il Super 99 che, tra l’altro, era venduto con due motorizzazioni possibili: la 6 cilindri Waukesha e il 3 cilindri General Motors (due tempi, sovralimentato e raffreddato ad acqua). Verso la fine degli anni ’50 i principali modelli del brand subirono ancora modifiche sostanziose, fino all’acquisizione negli anni ’60 da parte della White.

Nonostante il mantenimento del nome (almeno fino al 1969), l’ingresso nel gruppo della White (che poi diede origine alla White Farm Equipment Company con la fusione di altre società) fu l’inizio del declino per l’azienda dell’Indiana, velocizzato da scelte piuttosto confusionarie a livello di gruppo. Nei primi anni dopo la fusione, erano ancora piuttosto numerosi i trattori sviluppati dai reparti R&D di un brand che, però, montavano le livree di un altro produttore, sempre in forze presso lo stesso gruppo. Successe, per esempio, con la Minneapolis-Moline.

Qualche nuovo trattore uscì comunque dalle linee produttive: ai modelli 1800 e 1900 seguirono i modelli 2050 e 2150 con turbocompressore. Ma i cosiddetti “rebrand” tra aziende proseguirono fino al 1974, l’anno in cui l’ultimo trattore della gloriosa Oliver, un 2225, varcò le soglie delle linee produttive.

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