New Holland TM 190, nel 2003 si aggiudicò il Tractor of the Year
Mancano poche settimane all'annuncio dei finalisti del Tractor of the Year 2023. A vent'anni esatti, ripercorriamo insieme le tappe che portarono al trionfo del TM 190
Bologna, la patria dell’EIMA, l’evento nazionale più atteso e uno dei primi d’Europa legati alla meccanizzazione agricola, non poteva non ospitare anche il premio più importante, il Tractor of the Year. L’award, nel 2003 giunto alla sesta edizione, era già ormai considerato il trofeo più atteso e riconosciuto in ambito continentale dai costruttori di trattori, che giustamente ne utilizzano l’immagine come argomento. A pieno titolo, anche la giuria, coordinata dalla nostra testata, ai tempi contava 14 tra le principali testate europee di settore (oggi hanno superato la ventina), chiamate a giudicare le macchine in gara sotto i molteplici aspetti che le caratterizzano, dalle prestazioni, alla dotazione e al prezzo, fino all’aspetto estetico, per cui era previsto anche un premio speciale (Golden Tractor).
Grande equilibrio, esito incerto fino alla fine: il Tractor of the Year 2003
Alla fine l’aveva spuntata CNH con il suo campione di razza, quel New Holland 190 che tutti, addetti e non, aspettavano con ansia e per cui si prospetta senza mezzi termini un futuro brillante. Va subito precisato, però, che non era stata una vittoria schiacciante, a braccia alzate, come fu per il John Deere 8020 nell’edizione precedente, quella del 2002. Bensì un successo di misura, al fotofinish con un altro John Deere, il 6920, e con il Fendt Vario 818 TMS. Giunti a un soffio, a completare il podio tra i belli degli ultimi anni. E, comunque, va detto anche che nessuno aveva sfigurato, con distacchi in termini di punteggio davvero “risicati”, a riprova del grande equilibrio. Onore al merito, quindi, anche ai Case MXM 190, McCormick MTX 175, Massey Ferguson 8280 Xtra, Renault Ares 836, Steyr CVT 170 e ai due Valtrra, T 190 e l’S 260. Tra l’altro, propri a quest’ultimo è andato il premio per il miglior design.
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Così, il colosso italo-americano, ai tempi pilastro portante del gruppo Fiat colpito duramente dalla crisi dell’auto, si portava a casa il titolo proprio nell’anno in cui più aveva investito per rinnovare le sue gamme, mettendo a punto piattaforme comuni per i due marchi e rilanciando il nome Case, conservandone l’immagine e le caratteristiche distintive. Sicuramente un premio meritato. Che ha riconosciuto innanzitutto la validità del progetto di estendere la serie Tm alla fascia di potenza tra i 170 e i 200 cavalli.
“Range” in cui New Holland era praticamente l’unico grande marchio a non offrire un “medio”. Originariamente denominata “M”, la gamma media, di recente rinnovata e battezzata “TM”, copriva infatti potenze fino a un massimo di 160 cavalli. Per poi passare direttamente ai 190 dei G, in seguito diventati 70 A. Macchine, queste ultime, decisamente di gamma alta, disponibili con potenze fino a 240 cv e troppo pesanti per offrire quella polivalente che ha fatto dei medi i trattori più venduti d’Europa.
Coperto l’unico buco della produzione CNH
Ecco allora comparire due nuovi modelli, il TM 175 e il TM 190. A cui aveva fatto eco il pensionamento dei 70A. Sostituiti dagli inediti TG, veri big con potenze comprese tra 210 e 183 cv. Due modelli, dunque, che non solo erano andati a coprire un buco, ma che sono così ricchi di contenuti da diventare il trattore dell’anno. Innanzitutto per il motore, quel Powerstar New Holland a controllo elettronico che, grazie ai sistemi Eps (Engire Power Management) e Esm (Engine speed management), può erogare un surplus di oltre 40 cavalli.
Ma solamente a marce veloci, in fase di trasferimento su strada o qualora si lavori con la presa di forza inserita. Con la versione Tier 2, sono state inoltre apportate importanti modifiche atte a migliorare la funzionalità e le prestazioni. Tra cui l’intercooler aria-aria e il sistema di raffreddamento con ventola Viscotronic, il cui funzionamento non dipende dai giri del motore ma dalla sua temperatura e da quella della trasmissione, con vantaggi in termini di contenimento dei consumi e del rumore.
Impeccabile la trasmissione, un full powershift (power command) con tutte le marce inseribili sotto carico senza dover premere il pedale della frizione e la possibilità di automatizzare il passaggio da un rapporto all’altro, sia nelle velocità di lavoro che in quelle di trasporto. Un cenno anche al sollevatore che aveva una capacità massima alle rotule di 9500 chilogrammi e ai distributori supplementari, tutti ad azionamento elettroidraulico. E per finire la cabina: ampia, comoda e ben arredata nonché dotata di aria condizionata.