Super centro R&D a Modena, nuova sede uffici CNH a Torino, quanto è importante l’Italia per il Gruppo CNH industrial e per New Holland?

«L’italia rappresenta un tassello fondamentale per CNH Industrial. Ancor più dopo lo spin off di Iveco Group che ha generato il nuovo assetto del gruppo in cui è l’agricoltura far fa parte del leone. Asset, quello della meccanizzazione agricola, che ha le sue radici qui in Italia, con ben quattro stabilimenti sui 16 complessivi europei. Non dimentichiamo che la region Emea di Cnh Industrial realizza il 32 per cento dell’intero fatturato del gruppo e che dei 14 mila dipendenti complessivi 4.500 lavorano proprio in Italia. Lo stabilimento di San Matteo che funge da plant di componenti driveline, ma anche e soprattutto da centro engineering, ha una valenza globale. In sostanza è la struttura più importante da questa sponda dell’Oceano sia per lo sviluppo dei trattori che per i processi di ibridizzazione ed elettrificazione. Le sedi di Burr Ridge, in Illinois, e Detroit, in Michigan svolgono le stesse funzioni sulla sponda Usa».

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Che anno è stato il 2022 per New Holland?

«Non posso ancora divulgare i dati ufficiali, ma posso affermare che New Holland quest’anno chiuderà meglio dell’anno scorso. E il 2021 per noi era già stato un anno record in termini di numeri e fatturato. Certo mancano ancora due mesi alla fine dell’anno in cui potrebbero acuirsi gli effetti della crisi energetica e del perdurare del conflitto In Ucraina, ma il bilancio resterebbe comunque positivo. Il brand performa in maniera differente nelle quattro region con al momento una forte crescita del business negli Stati Uniti e in America Latina legata al prezzo delle commodities. Il conflitto in Europa sta purtroppo generando un deficit produttivo di cereali che per forza di cose deve essere compensato in altre aree del Pianeta. Le performance sono abbastanza lineari nella zona Apac così come in Europa, dove i numeri sono sostanzialmente in linea con quanto fatto registrare negli ultimi anni».

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Il 2023 di New Holland

Cosa dobbiamo aspettarci per il 2023, la fame di trattori è finita?

«A mio avviso il 2023 potrebbe essere un’ulteriore annata positiva. CNH Industrial così come i nostri principali competitor hanno ordini in portafoglio fino a metà del prossimo anno e ciò significa che una buona parte della stagione è già ‘in tasca’. Sicuramente la crisi energetica e le interruzioni della supply chain non saranno risolte ma il settore primario dovrebbe riuscire a mantenere un buon passo, grazie anche alla possibilità, in Europa e in Italia, di beneficiare degli incentivi legati al PNRR. Come membri di FederUnacoma stiamo inoltre spingendo per una proroga almeno ad almeno tutto il 2023 della detrazione al 40 per cento sulle attrezzature 4.0, che ci consentirebbe se non altro, viste la carenza di materie prime, di produrre tutte le macchine che abbiamo in ordine in regime di agevolazione fiscale. Dal 2024 sarà poi possibile discutere un pacchetto con percentuali inferiori».

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La strategia nei confronti delle tecnologie digital e smart è sempre quella di incorporare aziende specializzate?

«L’obiettivo principale è quello di completare l’integrazione con Raven che abbiamo acquistato al 100 per cento e con Monarch con cui abbiamo una partnership. Sostanzialmente le due realtà erano nate con focus differenti che però oggi stanno convergendo. Raven nasce e resta un punto di riferimento sul mondo digital, mentre Monarch che si concentrava quasi esclusivamente sull’alternative fuel e sull’elettrico oggi ha sviluppato la software house per offrire anche soluzioni in chiave 4.0. Stiamo dunque cercando di incentivare sinergie tra le due realtà per lo sviluppo di nuovi prodotti. Onestamente non abbiamo in vista ulteriori acquisizioni in tale direzione. Attraverso CNH Venture continuamo comunque a investire in nuove start up focalizzate sulla digitalizzazione degli implements e sui sistemi di comunicazione Isobus tra trattore e attrezzo».

Lo stabilimento New Holland di Modena

Col prezzo del gas alle stelle il trattore Methane Power è ancora un’opzione sostenibile?

«Se è utilizzato col metano fossile il T6.180 Methane Power oggi non è ovviamente sostenibile a livello di TCO. Quando abbiamo iniziato le sperimentazioni il metano costava alla pompa meno di un euro al litro, oggi è triplicato. Se invece lo trasliamo sul biometano, quindi metano prodotto all’interno del biodigestore, i costi si abbattono drasticamente, nell’ordine dei 50 centesimi al litro. Se dunque l’agricoltore singolo o i consorzi sono in grado di approvvigionarsi di biometano generato da scarti agricoli la soluzione diventa assai sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello economico. Che poi è quello che prevede fin dagli albori la nostra strategia di Indipendent farm, con lo sfruttamento di biometano anche per riscaldamento e produzione di elettricità oltre che per la movimentazione delle macchine. Crediamo dunque ancora molto nel progetto e stiamo difatti allargando la gamma di trattori a metano, inizialmente con l’introduzione di modelli T6 a trasmissione Dual Clutch e poi con l’allargamento alla gamma T7, quindi ben oltre i 200 cavalli».

Trattori ibridi, elettrici e a idrogeno. A che punto siete?

«Per quanto riguarda l’ibrido stiamo sviluppando soluzioni che consentano di abbinare alle prestazioni del motore diesel un boost derivante dalla componente elettrica . In sostanza potremo sfruttare motori endotermici più piccoli a cui accoppiare motori elettrici che garantiscano il raggiungimento della potenza richiesta in una determinata fascia, che per noi è quella che va dai 100 ai 150 cavalli. A oggi il full electric lo vediamo limitato a potenze di massimo 100 cavalli. Sono comunque tecnologie che vedremo a partire presumibilmente dal 2025. Dal punto di vista progettuale siamo già a buon punto, qualche perplessità deriva invece da quanto il mercato sarà pronto a recepire il cambiamento. In definitiva il ‘time to market’ lo vedo più legato allo sviluppo delle infrastrutture che all’effettiva capacità di realizzazione dei prodotti».

«Ancor più a lungo termine sarà il passaggio all’alimentazione a idrogeno. Come noto lo sviluppo di nuove motorizzazioni resta sempre congiunto con Fpt Industrial con cui abbiamo un accordo ventennale, nonostante l’azienda motoristica sia passata a Iveco Group. Le innovazioni in campo agricolo derivano spesso da soluzioni già adottate per l’on road, come avvenuto per il metano. Fpt sta lavorando sull’idrogeno per l’utilizzo su veicoli commerciali e autobus ma la road map per i trattori richiederà almeno altri dieci anni per passare dal biometano all’idrogeno».

In che segmento state concentrando maggiormente i vostri sforzi per crescere?

«In casa New Holland abbiamo appena rilanciato la big baler che ci sta dando ottimi risultati, e lo stesso vale per le rotopresse a camera fissa e variabile. Per quanto riguarda le vendite di mietitrebbie siamo tornati al primo posto in Francia , ci siamo confermati leader in Italia e, se gli ultimi dati in arrivo confermeranno le previsioni, saliremmo sul gradino più alto del podio a livello europeo. Quindi, per tutto quello che concerne il ‘giallo’ , ovvero la raccolta, siamo assolutamente ai vertici. Attualmente stiamo concentrando i nostri sforzi sul comparto dei trattori. Siamo partiti col rinnovamento degli specializzati e della serie T7 a passo lungo ma nei prossimi 18-24 mesi avremo upgrade per tutta la gamma con new entry assolute sopra i 400 cavalli. Proprio la fascia alta è quella che richiede più impegno per guadagnare quote».

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Siamo a ridosso delle grandi fiere autunnali. Come vede l’overlap tra Eima e Sima?

«Parteciperemo a tutte e due ma come più volte ribadito confermo l’insoddisfazione del gruppo in relazione alla sovrapposizione di due eventi di tale livello. Questo è un tema che sicuramente dovrà essere ripreso e affrontato una volta per tutte a livello di associazione europea dei costruttori (Cema). All’Eima di Bologna giochiamo in casa e porteremo delle novità importanti. Credo, grazie anche ai feedback che riceviamo dalla nostra rete, che sarà sicuramente un’edizione di successo. Il Sima è un po’ un’incognita, poiché non solo si colloca in sovrapposizione a Eima, ma si svolge in un periodo assai distante da quello che prevedeva la formula originale in febbraio. In definitiva se per l’Eima vedo il bicchiere mezzo pieno, per il Sima lo vedo mezzo vuoto».

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