La crisi ha sbattuto la porta in faccia alle rosee previsioni che erano state rese note durante l’ultima riunione di Agrievolution (in Giappone lo scorso maggio a Tokyo). L’associazione di categoria Tarmakbir aveva infatti dichiarato che “per il 2018 la meccanizzazione agricola in Turchia avrebbe raggiunto un valore di 3 miliardi di dollari rispetto ai 2,9 fatturati nel 2017, con i trattori al di sopra della soglia di 1,6 miliardi di dollari”. Il Turkish Statistic Institute prevedeva una produzione oltre le 75 mila unità, a confermare un trend di crescita in atto da parecchio. Non certo trascurabile anche il volume delle mietitrebbie. A fine 2017 risultava in circolazione la cifra record di 17.199 unità rispetto alle 16.247 del 2016. Stiamo parlando di un aumento del parco mezzi di quasi mille unità in un solo anno! Tutto ciò, appunto, prima del tracollo della lira.

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mercato trattori
ArmaTrac

Nel primo semestre 2018 le immatricolazioni di trattori hanno superato a fatica le 28 mila unità, con una contrazione rispetto al 2017 di quasi 20 punti percentuali. La situazione è peggiorata ulteriormente durante l’estate con il meno 70 per cento delle vendite in agosto.

Mercato turco. È allarme rosso

Un coro di voci si è subito alzato per lanciare l’allarme e per sottolineare quanto sia strategico per il tricolore il mercato turco. Non solo come sbocco diretto, ma anche come piattaforma da cui partire alla conquista dei Paesi limitrofi del Medio Oriente e dell’Asia occidentale. Tra questi, solo per fare un nome, l’Iran con i suoi 80 milioni di abitanti (di cui 25 milioni dediti all’agricoltura) e straordinarie opportunità di crescita economica, sanzioni permettendo.

Questa situazione genera tre ordini di problemi (o forse quattro) per i grandi attori occidentali della meccanizzazione agricola. Un crollo delle esportazioni, per chi ha siti di produzione nel Paese euro-asiatico una ulteriore emorragia di vendite, l’impossibilità di fare della Turchia il “famoso” hub alla conquista del Medio Oriente. L’ulteriore grattacapo ha a che fare con la concorrenza spietata degli emergenti asiatici.

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New Holland TD realizzato in Turchia

Focalizziamoci sul primo aspetto. La Turchia per l’Italia del trattore è tutt’altro che un mercato marginale. Nel 2017 il valore complessivo delle esportazioni del Made in Italy ha raggiunto la soglia dei 207 milioni di euro considerando sia i trattori (113 milioni) che le macchine agricole (94 milioni). Il guadagno rispetto al 2012 è clamoroso: più 75 per cento sempre in valore; addirittura più 170 per cento per i soli trattori. Un Paese, quindi, in fortissima espansione nel quale le nostre aziende sono state particolarmente brave ad ampliare la propria quota mercato.

mercato trattori

 

 

 

 

I più aggiornati dati Istat oggi a disposizione, al contrario, mostrano un tracollo delle vendite tra gennaio e maggio 2018 (meno 20 per cento), con un regresso di 38 punti percentuali per il segmento trattori. Qualcosa in più di un semplice scivolone, considerando – come detto – che l’estate ha portato una ulteriore recrudescenza della crisi.

La produzione interna arriva a 80 cavalli

La Turchia è effettivamente uno degli attori di prima fila sul palcoscenico mondiale del trattore. Si concentra, però, sulle potenze al di sotto degli 80 cavalli; mentre al di sopra dei 120 cavalli le importazioni (non solo dall’Italia) coprono il 95 per cento della domanda interna (dati 2016).

 

 

 

 

 

Erdogan ha cercato di tamponare la situazione attraverso specifici sussidi erogati direttamente ai produttori locali. I prezzi alle stelle delle materie prime – in particolare l’acciaio – e la lira ai minimi storici hanno fortemente parzializzato l’effetto di questi aiuti. E forse ancor più delle fabbriche, hanno sofferto i concessionari. Si moltiplicano le voci di fallimenti con i brand che azzerano i margini pur di tenere in vita i rivenditori locali.

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Erdogan

Sono molti i marchi occidentali che hanno aperto, anche di recente, dei siti produttivi in Turchia. È chiaro che in questa situazione devono solo cercare di limitare i danni, senza colpi di testa finanziari. Altro che ulteriori velleità di espansione, qui bisogna cercare di stare in piedi… “L’incertezza in cui versa il Paese rischia non soltanto di penalizzare le nostre esportazioni dirette – ha commentato il presidente FederUnacoma, Alessandro Malvolti – ma anche di frenare le strategie di investimento per la creazione di insediamenti e joint venture”.

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Partnership Landini / Anadolu Motor

Aleggia per altro nell’aria il fantasma di un possibile effetto contagio. L’ampliamento della crisi oltre i confini della sola Turchia non può certo essere escluso, considerando anche la personalità di Erdogan e dunque un possibile inasprirsi delle tensioni internazionali. Specie con gli USA (dove certo non alberga un interlocutore tranquillo).[/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]

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