Forte di una lunga tradizione nel campo dei motori a vapore, nei primi anni del Novecento l’inglese Marshall decise di scendere anche nell’agone dei trattori. E lo fece prendendo spunto da un trattore Lanz, mettendo in atto la più classica delle strategie di ‘reverse engineering’, ovvero prendendo un modello del concorrente, smontandolo e studiandolo pezzo per pezzo, per poi arrivare a produrre un proprio modello.

Che, nel caso della Marshall, fu un rombante trattore con motore diesel, con funzionamento a compressione a differenza dei modelli testacalda della concorrenza, basati sul funzionamento della candeletta interna. Il nome che venne affibbiato a questo trattore fu 15/30 modello E: il motore era un diesel monocilindrico a due tempo, da avviare rigorosamente con carta da accensione da collocare in un apposito contenitore che sporgeva dalla camera di combustione. Apprezzatissima archeologia agromeccanica, s’intende. Dotata di un tre marce in avanti e una in retro.

Immediato e clamoroso il successo in tutto il Regno Unito. Tanto da spingere il produttore a sviluppare una versione più compatta e economica verso la metà degli anni ’30: questo modello prese il nome di 12/20. Il diretto concorrente, manco a dirlo, era Fordson, vero e proprio mattatore di quel periodo a livello di vendite. Prima del conflitto bellico le ultime novità riguardarono il modello di punta che cambiò denominazione: da ‘E’ passò a ‘M’. Non paga dei cambiamenti, dopo la fine della seconda guerra mondiale, la Marshall non solo rinnovò il modello M (nuovo anche il nome, ora Marshall Serie 1), ma si diede un nuovo assetto societario. Fu così che nacque la divisione per le attrezzature di costruzione stradale, ovvero Road Marshall, e quella per i macchinari agricoli, la Field Marshall.

Al Mashall Serie 1, in linea ‘numerica’, seguirono la Serie 2, con motore diesel monocilindrico raffreddato ad acqua da 40 cv, e la Serie 3, che portava in dote novità legate all’accensione del motore, ora elettrica. L’obiettivo era quello di competere con i rivali che, nel frattempo, stavano lanciando sul mercato trattori multicilindrici che si rivelavano più affidabili sul lungo periodo. Purtroppo l’alloggiamento della trasmissione di numerosi modelli, a causa del poco spazio in cui erano alloggiato i componenti interni, si crepava sempre più spesso, causando a molti agricoltori spiacevolissimi fermi macchina, anche nei momenti più concitati delle lavorazioni.

I tempi stavano cambiando: nonostante le migliorie apportate alle nuove versioni come la serie 3A, il monocilindrico era ormai sul viale del tramonto e, dal 1957, venne completamente abbandonato dalla Marshall. Il tentativo successivo si concretizzò nello sviluppo dell’MP6 che, tuttavia, si rivelò troppo grande e costoso per l’epoca: il mercato non lo premiò. Furono venduti solo 197 esemplari, che furono però spediti in tutto il mondo.

Da questo momento in poi Marshall si concentrò soprattutto sui cingolati. Almeno fino agli anni ’80, quando il produttore tentò il tutto per tutto con l’acquisizione della Leyland Tractor, da cui derivarono alcuni modelli a cui venne cambiato logo e colore. Di questo periodo in molti si ricorderanno l’iconico Marshall 904XL. Il sipario sullo storico gruppo inglese calò infine nel 1991.

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