Mais, dimezzati i contributi dalla PAC. Rese ai minimi. CIA: «servono più ricerca e risorse per il rilancio».
I dati sullo stato (drammatico) del settore in Italia sono stati snocciolati durante l’evento organizzato da CREA per la campagna maidicola 2022 e le sfide della nuova PAC
Un calo corposo dei contributi a favori dei coltivatori e un aumento esponenziale delle difficoltà: potrebbe essere letta in questo doppio binario la situazione in cui versa il settore del mais italiano. La nuova PAC entrata in vigore quest’anno, infatti, ha portato ad un taglio netto dei contributi, di oltre il 40% rispetto a quanto previsto precedentemente, passando dagli attuali 360 €/ha (per ettaro) a 180 €/ha, con la possibilità di arrivare a 255 €/ha soltanto nel caso di adeguamento da parte dell’agricoltore al cosiddetto ‘ecoschema’.
In sostanza un dimezzamento, che arriva dopo uno degli anni più duri in assoluto per il comparto del mais, travolto dagli effetti dell’andamento dei prezzi (stravolti dalla conflitto in Ucraina) e dall’ondata di siccità senza precedenti che ha prosciugato le risorse idriche nazionali. Crisi che ha portato alla drastica riduzione della produzione italiana di mais, attestatasi nel 2022 intorno alle 4,7 mln di ton (mais da granella), ovvero lo stesso quantitativo raggiunto 50 anni fa, nel 1972. Non va meglio la quantità di superfici dedicate al mais, scese al minimo storico di 564 mila ettari e ridotte del 50% in pochi anni. Con i danni più pesanti registrati nella zona settentrionale del Paese, tra Lombardia e Veneto.
Mais, la cura per un settore in difficoltà
Una situazione complessa che, tra redditività della filiera e sfide della nuova PAC, è stata al centro della Giornata del Mais 2023 promossa dal CREA Cerealicoltura e Colture Industriali e in corso a Bergamo con la partecipazione anche di Cia-Agricoltori Italiani, rappresentata all’incontro dal vicepresidente nazionale, Gianmichele Passarini. Tra i tanti spunti affrontati, sono emerse più volte alcune certezze: la necessità di aumentare gli investimenti (e non ridurli come sta avvenendo con la PAC) in ricerca agronomica, senza dimenticare i contratti di filiera.
“Serve una strategia importante per il rilancio della coltura in Italia – ha commentato durante l’incontro il vicepresidente nazionale di Cia, Gian Michele Passarini – a partire da forti investimenti in ricerca per migliorare rese e qualità. Vanno rafforzate e aumentate le risorse per i contratti di filiera tra agricoltura e industria mangimistica. Un plauso al CREA di Bergamo per il prezioso lavoro che svolge a sostegno di una coltura che resta alla base delle eccellenze dell’agroalimentare italiano”.
“Il mais è una delle colture che maggiormente risentono delle mutate condizioni imposte dal cambiamento climatico – ha proseguito Nicola Pecchioni, direttore CREA Cerealicoltura e Colture Industriali, e in particolare dei periodi siccitosi prolungati e delle carenze o costo elevato delle risorse idriche. Per questo motivo il futuro della coltura nel nostro Paese, soprattutto quello del mais da granella, sarà sempre più legato alla vocazione dei territori, alla disponibilità della risorsa idrica e all’agricoltura di precisione”.
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L’andamento negativo ha coinvolto tutti i maggiori produttori europei di mais con un calo complessivo pari a 21 milioni di tonnellate nella sola Unione europea (-29%), con riduzioni che, tra i principali fornitori del mercato italiano, arrivano al 50% in Romania, al 57% in Ungheria e al 75% in Moldavia, mentre in Ucraina le ultime stime segnalano un calo superiore al 50%. Solo la Spagna, con 11,5 t/ha sia pure in calo dell’11%, presenta rese superiori a 10 t/ha, mentre la produzione è aumentata, grazie all’incremento delle superfici, soltanto in Polonia, +16%.
Ciò rende problematico l’approvvigionamento del mercato italiano che già nella campagna 2021/22, a fronte di una produzione nazionale di 6,1 milioni di tonnellate, ha fatto registrare un nuovo massimo storico nell’import netto con 6,3 milioni di tonnellate e oltre 1,7 miliardi di euro, con prezzi medi unitari all’importazione aumentati del 45% e stabilmente sopra i 300 euro per tonnellata a partire da aprile 2023.
Quanto agli sviluppi della ricerca, l’emergenza in termini di stress sia abiotici (siccità) che biotici (funghi e micotossine, in particolare aflatossine) che si è palesata nel 2022, andando a pregiudicare quantità e qualità della produzione di mais, ha reso evidente l’urgenza di migliorare la sostenibilità e la resilienza dei sistemi colturali maidicoli.
I risultati del monitoraggio del contenuto di micotossine in granella condotto dalla Rete Qualità Mais, coordinata dal CREA Cerealicoltura e Colture Industriali di Bergamo, ha evidenziato che il 26% dei campioni analizzati presenta un contenuto in aflatossine superiore ai 20 µg/kg e il 65% con fumonisine maggiori di 4000 µg/kg. Lo sviluppo di resistenze e/o tolleranze agli stress passa necessariamente attraverso il miglioramento genetico e la scelta delle varietà più idonee a tali scopi. Ciò è reso possibile anche grazie al lavoro della Rete Nazionale di confronto varietale, che annualmente fornisce informazioni utili sulla base dei dati ottenuti puntualmente per supportare questa scelta.