Lindner Geotrac 100, voglia di montagna. Vent’anni fa la nostra prova “d’epoca”
Nasceva in Austria come specializzato da montagna, ma poi disse la sua anche in campo aperto, grazie a un motore potente e brillante. Compatto e leggero, elevò a potenza il concetto di manovrabilità, ritagliandosi una fetta cospicua nel segmento in questione e non solo. Nel 2002 lo provammo
Lindner Geotrac 100, il top di gamma dell’omonima serie proposta agli inizi del Millennio dalla Lindner. Casa austriaca che ha una produzione annuale di oltre mille trattori e circa 150 transporter. Numero importanti, che già ai tempi fecero sorgere sorgere spontanea la domanda: ma dove sono tutte quelle macchine visto che, in Italia, nel 2001 ne sono state vendute solo 6? Semplice, Oltralpe e, più precisamente, nei paesi di lingua tedesca, dove i Lindner non solo sono conosciutissimi, ma anche apprezzati. Quasi quanto i celebri e blasonati Fendt. Soprattutto nelle zone collinari e montane, terreni in cui i Geotrac si trovano perfettamente a loro agio.
Del resto, il marchio austriaco non è nato ieri, e affonda le sue radici nel primo dopoguerra. Precisamente nel 1946, quando nasce come azienda specializzata nella produzione di seghe da montagna. Solo due anni dopo arriva il primo trattore, e, nel ’56, fu edificato lo stabilimento che ospita attualmente la Casa. Altre date importanti sono il 1963, anno in cui il Lindner stipulò l’accordo con Perkins per la fornitura dei propulsori inglesi a tutta la produzione.
E il 1984, che segnò l’inizio di un rinnovamento tecnico e progettuale che diede vita, nel 1996, alla serie Geotrac e, tre anni più tardi, al Geotrac 100. Il trattore testato in queste pagine. Non si può quindi parlare di una macchina nuovissima ma, considerato lo scarso impatto ottenuto finora dal marchio sul suolo italico e l’elevata qualità del suo mezzo, in termini non solo componentistici ma anche prestazionali, è un po’ come se lo fosse
Lindner Geotrac 100, la meccanica. Fisico da grimpeur
Già alla prima occhiata l’impressione è positiva. La macchina si presentava compatta e estremamente equilibrata. Non a caso, il padre del progetto iniziale, era niente meno che Achim Storz, stilista tedesco che può vantare nel suo curriculum collaborazioni con alcune delle più importanti case automobilistiche, tra cui Audi, Nissan, Toyta, Volkswagen. Balzano subito all’occhio l’armonia dei parafanghi, disegnato per abbracciare quasi completamente i pneumatici, e la linea del cofano, suddivisa in due parti: una anteriore, grigia, e una posteriore, rossa.
Il gradino che le separa complica non poco l’accessibilità al propulsore, ma dal punto di vista estetico alleggerisce notevolmente la fisionomia del mezzo e gli conferisce quel tocco di originalità che manca a molti concorrenti. E di concorrenti ce ne sono eccome, visto che il Geotrac 100, con i suoi 98 cavalli di potenza massima, va a inserirsi in una categoria tra le più gettonata del mercato, dominata dai principali nomi dell’industria trattoristica mondiale. A distinguerlo è la spiccata propensione per i pendii, comprovata da un baricentro relativamente basso e da carreggiate piuttosto generose. Contenuto invece il passo (2,3 metri), caratteristica che ne migliora la manovrabilità e, soprattutto, il peso (3.720 kg al netto delle zavorre).
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Lindner Geotrac 100, sotto il cofano lo storico Perkins 1000
A muovere il Lindner Geotrac 100 è una delle unità più diffuse in campo agricolo, quel 4 cilindri Perkins della serie 1000 di cui si è già detto molto e che da ormai parecchi anni detiene la palma di leader incontrastato della fascia media. La potenza massima espressa è, appunto, di 98 cavalli e 2.200 giri e tale performance si abbina a una coppia massima di circa 38 chilogrammetri a 1.400 giri.
Nel complesso, ottime prestazioni che non vengono lese né da emissioni sonore troppo acute (88 decibel rilevati in cabina dall’orecchio del conducente) né consumi eccessivi (15 litri all’ora rilevati alla presa di forza con motore al regime nominale). Da sottolineare, in tema consumi, anche la buona autonomia operativa, garantita dal serbatoio da 120 litri. Oltre il 30 per cento di capienza in più rispetto a quelli che equipaggiano i Geotrac di minore potenza. Di tutto rispetto anche la trasmissione, che si avvale di 4 velocità sincronizzate e di un powershift a due stadi, azionabile sotto il carico, posto a monte del cambio. Il gruppo poi è abbinato a un super riduttore che porta il numero delle marce a 16 in entrambi i sensi.
La cabina. Tutto al posto giusto
Luminosa e ben proporzionata. Sono gli aggettivi che meglio inquadrano la cabina del Geotrac. I quattro vetri apribili (parabrezza e lunotto si aprono a compasso) garantiscono infatti un’ottima visibilità sui quattro lati, per nulla infastidita dalla marmitta, fatta appositamente scorrere lungo il montante destro. Apprezzabile anche il pavimento, piano e privo di qualsiasi e privo di qualsiasi ostacolo che possa intralciare l’accesso alla postazione di guida.
Una volta seduti sul comodo sedile Grammer a molleggio pneumatico, è possibile adeguare l’assetto di guida alla propria corporatura lavorando sia sul posizionamento del sedile sia su quello del volante. Il cruscotto, di tipo analogico digitale (optional), porta, sul lato, sinistro, le varie spie e lancette di livello e, sul lato, destro, un comodo display che offre tutti i dati necessari per tener sotto controllo lo stato funzionale della macchina.
In conclusione, una macchina ben fatta ed esteticamente accattivante, che non dovrebbe trovare grossi problemi a imporsi in un settore di nicchia quale quello delle lavorazioni collinari e montane. Più difficile prevederne una grande diffusione in pianura, non tanto per la qualità che, sicuramente, ci sono. Quanto piuttosto per la scarsa visibilità di cui ha goduto finora il marchio austriaco e per la concorrenza che, come già accennato, in questa fascia è agguerritissima.