Per Coldiretti Lazio quella che il caro energia senza freni ha provocato nell’ultimo mese è una situazione insostenibile per le aziende agricole – soprattutto alla luce delle mancate entrate dalle tasse sugli extra profitti delle aziende energetiche, che hanno fatto ricorso – tanto da spingere le sigle di settore a ribadire con insistenza che nulla può essere rimandato all’insediamento del futuro Governo dopo le elezioni del prossimo 25 settembre, poiché le misure per alleviare i danni servono subito. Soprattutto se si considera quanto energivori siano il comparto agricolo (direttamente con i combustibili per trattori, serre e trasporti mentre indirettamente con prodotti fitosanitari e fertilizzanti) e quello alimentare (calore ed energia elettrica, per i processi di produzione, trasformazione, conservazione dei prodotti di origine animale e vegetale).

In agricoltura si registrano rincari che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio fino al +300% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti. Gli aumenti riguardano, però, l’intera filiera alimentare con il vetro che costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, si registra un incremento del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata​, fino ad arrivare al 70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti.

Caro energia, nel Lazio si cammina sul filo del rasoio

Il rischio, a questo punto, è un tracollo senza precedenti dell’agroalimentare nostrano. Tra cui spicca, come ribadito dalla Coldiretti regionale, quello del Lazio. Con gli attuali rincari, più che duplicati in un lasso di tempo brevissimo, a rischio c’è una filiera agroalimentare che nel Lazio conta circa 50 mila imprese e offre lavoro ad oltre 70 mila persone, di cui il 66% nel settore delle coltivazioni agricole e nella produzione di prodotti animali e servizi connessi, mentre il 29% nel lavoro industriale alimentare e delle bevande. Un settore che nel solo Lazio rappresenta il 3% della ricchezza dell’intera economia regionale e contribuisce, con 6,3 miliardi di fatturato annui al 6% dell’Agrifood nazionale.

“Questi mesi sono fondamentali per le produzioni agricole tipiche del Made in Italy e le nostre eccellenze Made in Lazio. La nostra regione conta circa 430 specialità tradizionali (PAT), 16 DOP, 11 IGP, 1 STG e 36 vini a denominazione d’origine che tramandano la storia e la tradizione del nostro territorio”, ha esordito il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri.

I rischi per il Made in Italy e la dieta mediterranea

“A causa dei rincari dell’energia e dei costi diretti e indiretti che devono sostenere le aziende – prosegue Granieri – stiamo andando incontro ad un crack alimentare, economico e occupazionale che rischia di trascinare nel baratro anche la Dieta Mediterranea, che ha garantito benessere, salute, lavoro e ha sostenuto all’estero il cibo Made in Italy”. A rischio anche le lavorazioni per conserve, succhi e derivati: dagli ortaggi ai legumi, dal vino all’olio, dai salumi e prosciutti Dop ai formaggi, dal latte alla carne fino alla pasta, dalla frutta alle passate di pomodoro usate su tutte le tavole italiane e all’estero.

Si tratta di una bolletta energetica pesante, nonostante nel tempo si sia verificato un contenimento dei consumi energetici grazie alle nuove tecniche e all’impegno degli agricoltori, per la maggiore sostenibilità delle produzioni, anche con l’adozione di tecnologie 4.0, per ottimizzare l’impiego dei fattori della produzione. In palio una posta altissima: l’autonomia e la sovranità alimentare dell’intero Paese.

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