Corta o lunga, nazionale o regionale, globale o delocalizzata, controllata, tracciabile o rintracciabile sono una serie di caratteristiche che definiscono come può, o deve essere, la filiera. A seconda delle specificità che la caratterizzano. Filiera che rappresenta l’insieme di tutte le realtà che, più o meno direttamente, operano lungo tutta la catena del valore di un prodotto dall’ideazione al suo utilizzo.

È un termine molto in voga, forse più diffuso con il termine inglese di supply chain, soprattutto in ambito industriale. In agricoltura se ne parla perché, oltre a identificare alcuni specifici contratti (che danno garanzie di qualità del prodotto e di stabilità del prezzo per più anni) e alcuni progetti legati a bandi ministeriali, riconduce anche a una serie di “buone pratiche” legate ad alcune produzioni.

Innovation Agri Tour 2022, la centralità della valorizzazione dei prodotti

L’idea è quella di spingere la valorizzazione del prodotto finito ideando dei disciplinari, più o meno stringenti, che stabiliscano le caratteristiche della materia prima e alcune modalità produttive che devono essere seguite lungo tutto il processo. Un modo per aiutare il consumatore a riconoscere prodotti di qualità, per sganciare i produttori dal rischio comoditizzazione, per riconnettere i territori e riconoscere il giusto reddito lungo tutta la catena del valore. Un compito molto complesso, fondamentale per l’agricoltura italiana che storicamente e necessariamente non può che puntare molto sulla valorizzazione delle nicchie e sulla specializzazione produttiva.

Da Barilla a Almaviva, i protagonisti del settore

Barilla, il Consorzio del Parmigiano Reggiano rappresentano due casi esemplari di come si possa costruire e spingere sulla filiera per valorizzare prodotti che rappresentano l’Italia nel mondo. Combimais invece, pur non avendo lo stesso valore evocativo/emozionale, rappresenta un caso emblematico di come l’ideazione di un protocollo possa favorire e promuovere l’adozione di pratiche innovative guardando alla sostenibilità in tutte le sue dimensioni. Proprio in questa direzione va la piattaforma di Almaviva Rural to digital che è stata progettata per aiutare le aziende a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità aziendale e ambientale e che, lavorando su dati certi e certificati, supporta le filiere agroalimentare per raccontare al consumatore la storia di prodotti sani e sicuri.

Questo perché il cambiamento in corso è significativo, sono, infatti, sempre più i consumatori a chiedere informazioni sui prodotti, a non accontentarsi del sapore e a pretendere di sapere non solo la sua storia e le sue caratteristiche qualitative, ma anche le modalità produttive. Un cambiamento così pervasivo da incidere sui risultati aziendali, impattare poco, infatti, non è premiante solamente perché implica un risparmio di input produttivi, ma anche perché rappresenta una qualità intrinseca del prodotto che ne può determinare l’acquisto.

Non finisce qui, infatti, in una chiusura ideale del cerchio le più recenti ricerche scientifiche dimostrano anche come alcune scelte imposte per motivi etico/ambientali abbiano un loro risvolto anche in termini di salubrità e di qualità del prodotto. Di tutto questo il digitale è un interessante abilitatore anche se è bene evidenziare che non si possono costringere gli agricoltori a diventare dei data entry e che l’intelligenza delle cose è da un lato molto limitata e dall’altro ha a sua volta un consto ambientale non indifferente, in termini di materie prime e di energia utilizzata.

Gli ospiti

  • Amedeo Reyneri  – Professore al Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) UniTo
  • Marco Nocetti – Responsabile servizio produzione primaria del Consorzio Parmigiano Reggiano
  • Simone Agostinelli – Purchasing Europe Durum Wheat & Group Sustainable Farming Project Manager Barilla
  • Mario Vigo Fondatore CombiMais
  • Luca Salvucci – Head of Agriculture Practice at AlmavivA

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