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Le vendite di macchine agricole in Italia risultano in calo nei primi cinque mesi del 2016, confermando il trend negativo che caratterizza, da un decennio ormai, il mercato nazionale. I dati sulle immatricolazioni – elaborati da FederUnacoma sulla base delle registrazioni effettuate presso il Ministero dei Trasporti e presentati questa mattina a Varignana (Bologna) nel contesto dell’Assemblea annuale FederUnacoma – indicano nel periodo gennaio-maggio una flessione del 4 per cento per le trattrici rispetto allo stesso periodo 2015, e un calo del 9,6 per cento per le mietitrebbiatrici.

In crescita risultano invece le trattrici con pianale di carico (+9 per cento), a fronte però di un calo drastico (-25 per cento) avuto nel 2015, e i rimorchi, per i quali il lieve incremento (+3,4 per cento) non compensa i forti cali subiti sistematicamente negli ultimi anni. Su questa base, le previsioni circa il bilancio di fine anno sono negative e prefigurano un ulteriore decremento delle vendite, che prolungherà la ‘striscia negativa’ che ha visto dal 2005 al 2015 un vero e proprio crollo delle immatricolazioni di trattrici (-42 per cento).

“Abbiamo più volte sottolineato come il calo del numero di imprese agricole attive sul nostro territorio – ha commentato il presidente della Federazione Massimo Goldoni – influisca pesantemente sul mercato delle macchine agricole, soprattutto in termini quantitativi, se pensiamo che nel solo periodo dal 2010 al 2013 le imprese agricole nel nostro Paese si sono ridotte di un ulteriore 9 per cento, passando da un totale di 1.620.000 ad un totale di 1.470.000 unità, con una perdita di 150 mila aziende in appena quattro anni. Ma sul mercato incidono anche elementi legati all’inefficienza del nostro sistema che paralizza il mercato invece che rilanciarlo, come accaduto in particolare con l’annuncio dei contributi governativi per l’acquisto di macchine agricole, nella misura di 45 milioni di euro per il 2016 e di ulteriori 35 milioni per il 2017, che non sono stati ancora resi disponibili per la mancanza di decreti attuativi”.

Al senso di precarietà che si avverte nel settore primario proprio a causa della costante riduzione del numero di aziende effettivamente operanti, si aggiunge dunque il limite burocratico, particolarmente evidente nel caso dei PSR, visto che in molte Regioni italiane le procedure e i bandi per l’erogazione dei fondi del nuovo piano di spesa settennale (2014-2020) sono stati varati con notevole ritardo contribuendo a bloccare un mercato già ridotto ai minimi termini.

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