La storia del Kubota V5009 comincia da lontano. Per il grande pubblico la prima tappa è stata a Las Vegas, il 7 marzo del 2017. Nel deserto del Nevada Kubota si ‘macchia’ di una duplice apostasia: il 5 litri spariglia le carte alzando l’asticella della tradizionale segmentazione giapponese e al tempo stesso sfata un tabù: per la prima volta la casa di Osaka annuncia un motore che vedrà la luce addirittura nel 2020, cioè ben tre anni dopo.

Il 2020 è ormai alle porte e il V5009 ha sfilato in anteprima sulle passerelle europee nel 2018 all’Intermat di Parigi e si appresta a ricevere il bagno di folla, e di flash, al Bauma, dove completerà la sfilata transoceanica tra i santuari del movimento terra. Lo farà sotto una luce diversa: quella del primo motore non europeo o americano a ricevere il Diesel of the year.

Per quali ragioni? La doppietta di Osaka si è aggiudicata il rush finale per l’assegnazione del premio, in un inedito faccia a faccia a queste latitudini motoristiche. Kubota e Yanmar, segni comuni: passaporto giapponese, la cura certosina dei dettagli, la priorità concessa all’affidabilità e alla fase di testing, l’avere sempre creduto nella rigenerazione, la refrattarietà alla eccessiva sofisticazione dell’architettura.

Nessuna assonanza con l’automotive, sovralimentazione allergica al doppio soffiante e alle complicazioni inutili, anche se proprio qui cominciano i distinguo. Pur avendo entrambe un’anima schiettamente industriale, Yanmar ha sempre osato di più. È stata tra i primi a introdurre l’Egr sotto i 56 chilowatt, il Doc sui monocilindro, affidandosi quasi integralmente al common rail per sbrigare la pratica Tier 4 Final, e inserendo il doppio stadio proprio sull’altro candidato in lizza per il Doty 2019, il 4TN107.

IL DIESEL OF THE YEAR HA UN SITO TUTTO SUO

Kubota è confidente nelle proprie “carte”

Kubota, dal canto suo, ha affrontato un passaggio epocale con estremo coraggio. Ha chiaramente individuato nella cubatura da 5 litri una cifra decisiva, gettando il guanto di sfida ai tanti protagonisti, tra cui Deutz, che si appresta a maggiorare da 5 a 5,2 il suo quadricilindro, Isuzu, Jcb, Mtu, Agco Power e Volvo Penta. Siamo convinti che questa cilindrata si presti all’ibridizzazione di diverse applicazioni mobili e semi-stazionarie. L’ardore nel presentare il motore con così largo anticipo, un’eresia per la rigorosa prassi di Kubota, testimonia quanto i giapponesi credano in questo target.

L’accoppiata 4,3 – 5 litri, oltretutto, allarga il respiro OEM di Kubota dal 3,8 litri, uno dei best seller della scuderia, aprendo nuovi orizzonti in termini di applicazione. Da 10 a 157 chilowatt c’è spazio per soddisfare il fabbisogno del material handling, dei trattori specializzati e aziendali, di multi-purpose, della trivellazione, degli escavatori di bassa e media potenza.

Il V5009 si dimostra sostanzialmente allineato alle curve specifiche di Yanmar; la coppia massima prende però il largo, in ragione della canna maggiorata, rispetto al 4,6 siglato TN107. A stupirci piacevolmente è l’ingombro, particolarmente ridotto.

Quello che maggiormente incuriosisce sono gli studi sull’affidabilità del monoblocco e sulla tenuta di fronte alle sollecitazionitermiche, ambientali, meccaniche. È qui che Kubota ripropone su macchine medium ed heavy duty il proprio caratteristico family feeling. Riprendiamo le parole del management della divisione europea, riportate nell’intervista pubblicata su TRATTORI di marzo: «La filosofia fondamentale di Kubota è ottenere un perfetto equilibrio tra performance, qualità e costo».

In chiusura, un’ipotesi suggestiva. E se il V5009 si candidasse, oltre che a un pacchetto ibrido, alla conversione a Gpl, come nel solco della tradizione Kubota? Lo scopriremo strada facendo…

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