Grano duro, Cia: «con questi prezzi addio a pasta Made in Italy»
Il prezzo di 380 € per ton è ritenuto troppo basso per i margini delle aziende agricole. Fini: "Se non si riconosce valore ad un prodotto che ha elevati standard qualitativi, ma costi di produzione meno competitivi rispetto a Paesi esteri, sostenere la sovranità alimentare diventa uno slogan vuoto di significato". Avanzate alcune proposte
A causa dell’andamento negativo delle quotazioni di mercato, la produzione agricola di grano duro, già messa a dura prova da un biennio avido di precipitazioni, potrebbe crollare, mettendo a rischio un prodotto che è alla base di alcune eccellenze del Made in Italy agroalimentare (come la pasta). E gli stanziamenti previsti per il comparto (14 mln € per il 2023) potrebbero non bastare. A lanciare l’allarme sulle criticità in cui potrebbero incorrere le coltivazioni di grano – ad oggi quelle con la superficie più estesa nel nostro Paese – è stata la sigla Cia-Agricoltori Italiani nel corso della riunione del Tavolo frumento duro presso il Masaf. Appuntamento a cui ha partecipato anche il ministro il ministro Francesco Lollobrigida.
Come ribadito dal presidente di Cia-Agricoltori Italiani Cristiano Fini il prezzo del grano duro continua a sprofondare, con un crollo delle quotazioni, che si aggira sui 380 euro a tonnellata, mentre nello stesso periodo del 2022 era di 550 euro/ton. I margini per le aziende agricole sono così troppo esigui ed è a rischio la prossima stagione di semine. Inoltre, come conseguenza dell’inflazione galoppante che ha travolto i carrelli degli italiani, Cia ha puntato i riflettori anche sull’aumento dei prezzi dei prodotti trasformati all’interno della filiera e le esportazioni sono cresciute al ritmo del +5% nel 2022, per un valore totale di 3,7 miliardi. Per Cia è, dunque, necessario mettere in campo quelle azioni strutturali di cui si parla da anni per riequilibrare la catena del valore, che è oggi troppo penalizzante per gli agricoltori.
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Cia pone l’attenzione sulla valorizzazione dell’origine del prodotto e chiede maggiori risorse da investire sui contratti di filiera che favoriscano le produzioni domestiche, incentivando la coltivazione del grano duro Made in Italy. Per una strategia di medio/lungo periodo Cia ritiene, inoltre, necessari forti investimenti in ricerca per aumentare le rese e favorire produzioni sempre più sostenibili anche in chiave ambientale. Il rafforzamento della filiera aumenterebbe così gli investimenti dei nostri produttori e ridimensionerebbe il ricorso all’import.
Secondo Fini bisogna dare una forte spinta propulsiva al comparto e ridurre drasticamente la dipendenza dal prodotto estero. Per implementare l’autosufficienza nazionale e aiutare le aziende a produrre più grano di qualità come richiesto dell’industria molitoria, occorre lavorare sulla trasparenza dei prezzi con il ripristino della CUN (Commissione Unica Nazionale) favorendo il dialogo interprofessionale ed è allo stesso tempo necessaria l’istituzione di Granaio d’Italia e del relativo Registro Telematico dei Cereali, che prevede azioni di contrasto verso i fenomeni speculativi. Si devono, infine, studiare con Ismea nuovi strumenti che certifichino i costi di produzione del grano duro.