“Il grano duro potrà avere la sua CUN, Commissione Unica Nazionale, per vigilare su una maggiore trasparenza dei prezzi”. Lo ha annunciato Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia, a lato dell’incontro svoltosi presso il Dicastero di Via XX Settembre insieme al ministro Francesco Lollobrigida. L’annuncio arriva in un momento complicato per il comparto del grano, alle prese con l’andamento altalenante dei prezzi – prima con il crollo, poi con gli aumenti in seguito alla rottura dell’accordo nel Mar Nero da parte della Russia -, che ha minato la stabilità di numerose aziende, alle prese con costi di produzione sempre più alti e con gli effetti del ricorso massiccio alle importazioni da altre nazioni, da cui deriva anche una mancata equa redistribuzione del valore lungo la filiera.

L’impegno preso dal ministro, se tutto andrà come previsto, porterà dunque all’istituzione, entro la fine dell’estate, di un tavolo di filiera dedicato, composto dalle rappresentanze sindacali, istituzionali, industriali e associative legate al mondo del grano. “La nostra mobilitazione – ha proseguito Fini – sta funzionando e siamo soddisfatti per questo primo risultato ottenuto per riportare il settore nelle garanzie fondamentali per continuare a operare, tutelando produttori e consumatori, salvaguardando il vero grano e la vera pasta 100% Made in Italy”.

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Mobilitazione che, in poco tempo, aveva portato alla raccolta di oltre 50mila firme e alla redazione di un dossier dettagliato dedicato al comparto del grano. Il documento stilato da Cia-Agricoltori Italiani e presentato nel corso dell’incontro con il ministro Lollobrigida, è disponibile a questo indirizzo. Con Fini all’incontro al Masaf anche una nutrita delegazione Cia che ha dato voce alla mobilitazione, partita online con la raccolta firme e proseguita con incontri e manifestazioni sul territorio, in particolare in Puglia dove si è raccolta l’adesione di istituzioni e politica, interi comuni e migliaia di consumatori.

CIA-Agricoltori Italiani, le richieste presenti nel dossier sul comparto del grano

Per Cia è, dunque, urgente stoppare le speculazioni commerciali sulla pelle dei produttori e dei consumatori, fermare chi spaccia grano estero piazzandolo come italiano e porre dei limiti all’arrivo indiscriminato sul territorio italiano di grani stranieri. Queste, alcune delle istanze al centro dell’incontro e contenute nel dossier che ha animato la petizione. C’è un fermo “no” di Cia a chi non vuole riconoscere i costi minimi di produzione ai cerealicoltori e alle frodi che rovinano l’immagine di un prodotto simbolo dell’Italia, e un chiaro “sì”, e subito, a maggiori controlli sull’etichettatura, al potenziamento dei contratti di filiera tra agricoltori e industria e al Registro Telematico dei Cereali con avvio immediato. Inoltre, va prorogata a livello comunitario la sospensione dei dazi all’importazione su ammoniaca e urea.

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Fondamentale, poi, incentivare la ricerca pubblica e privata per garantire migliori rese e qualità, così come per favorire percorsi di aggregazione produttiva e organizzativa, inclusa l’ipotesi di una interprofessione dei cereali, con una specificità per il grano duro. I DATI – Nell’ultimo anno, il prezzo del grano duro è crollato da 560 a 330 euro a tonnellata e sono forti i rischi che il prezzo possa scendere ancora. Da mesi il prezzo è sceso in media del 40%, mentre quello della pasta sullo scaffale del supermercato è aumentato del 30%. Quanto ai costi di produzione, nell’ultimo anno hanno visto aumenti superiori al 40% passando da circa 800 euro per ettaro a 1.400 euro.

Con gli attuali prezzi di vendita gli agricoltori lavorano in perdita e si rischia sempre più l’abbandono della produzione Made in Italy, mentre crescono le importazioni dall’estero. In Italia, infatti, arrivano più di 2 milioni di tonnellate di grano duro all’anno per un fabbisogno dell’industria di 5,8 milioni di tonnellate complessive. L’ultimo rapporto Anacer registra un aumento del 6,3% delle importazioni totali dei cereali di granella, dovuto in gran parte alla crescita dell’import di grano duro, con +396 mila tonnellate nei primi 4 mesi del 2023.

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