La partita del grano che Russia e Ucraina stanno “giocando” sulle sponde del Mar Nero ha convogliato le attenzioni del mondo intero, a causa dell’altissima posta che c’è in palio: la sicurezza alimentare globale, messa in serio pericolo dagli stock del preziosissimo cereale che sono bloccati nelle enormi navi cargo, ancorate nei porti delle città occupate nel sud del Paese. Una situazione complicata che, stando ad alcune indiscrezione trapelata dal giornale russo Izvestia, parrebbe essere indirizzata verso una parvenza di soluzione: Mosca e Kiev, con la mediazione di Ankara, avrebbero stilato una prima bozza preliminare per uno schema di trasporto navale al di fuori dal porto di Odessa, quello in cui attualmente sono ancorate la maggior parte delle navi cargo cariche di grano.

Ma affinché tutto ciò possa essere realizzato, permane la necessità di sminamento dei porti, condizione ribadita qualche giorno fa dal ministro degli esteri russo Sergei Lavrov. Che, proprio in questi giorni, è volato in Turchia al seguito di una delegazione militare per discutere con i corrispettivi ucraini della creazione di un corridoio che potrebbe portare a destinazione le navi cargo, attraverso lo stretto del Bosforo. Il ruolo della Turchia, sia nell’aiuto per lo sminamento dei porti che per la scorta delle navi verso acque neutrali, resta dunque cruciale.

Grano, il nodo cruciale del Mar Nero per evitare carestie su scala globale

L’apertura del corridoio nel Mar Nero, come ha ribadito la Coldiretti, è importante per salvare dalla carestia quei 53 Paesi dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione e risentono quindi in maniera devastante dall’aumento dei prezzi dei cereali causato dalla guerra, ma anche per ridurre l’inflazione in quelli ricchi. Inoltre, se il via libera dovesse essere effettivamente dato, si libererebbe lo spazio nei magazzini per accogliere i nuovi raccolti di grano in arrivo tra poche settimane per un quantitativo di stimato di 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti per questa stagione, che collocano comunque l’Ucraina al sesto posto tra gli esportatori mondiali di grano.

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La guerra coinvolge gli scambi di oltre un quarto del grano mondiale con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate), secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga. Il risultato è che le quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale si è impennata su tutta la linea, con le quotazioni che dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori.

Le ricadute sull’Italia

Un’emergenza mondiale che riguarda direttamente anche l’Italia, un Paese deficitario ed importa addirittura il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti, il 35% del grano duro per la pasta e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, anche se è però autosufficiente per il riso di cui è il primo produttore europeo con oltre il 50% dei raccolti per un totale di circa 1,5 milioni di tonnellate di risone all’anno, anche se quest’anno in forte calo per effetto della siccità e degli alti costi di produzione.

“Bisogna invertire la tendenza ed investire per rendere il Paese il più possibile autosufficiente per le risorse alimentari facendo tornare l’agricoltura centrale negli obiettivi nazionali ed europei” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “nell’immediato occorre salvare aziende e stalle da una insostenibile crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità”.

Grano, la posizione di Confagricoltura

Dal canto suo, Confagricoltura ha ribadito che nella media degli anni passati – rileva Confagricoltura – l’Ucraina esportava in questo periodo 5 milioni di tonnellate di grano al mese. Ora, nonostante l’apertura di ‘corridoi di solidarietà’ da parte degli Stati membri della UE, non si va oltre un milione. “Non resta molto tempo a disposizione per trovare un accordo – evidenzia Giansanti –perché con l’aumento delle temperature il grano stoccato rischia di marcire. Occorre, inoltre, liberare i silos per i nuovi raccolti”.

A proposito dei nuovi raccolti, le notizie che arrivano da Kiev non sono incoraggianti. Secondo le ultime stime diffuse dall’Associazione interprofessionale cerealicola, a cui aderiscono gli agricoltori e gli esportatori di settore, nella campagna di commercializzazione 2022-2023 la produzione di grano dovrebbe attestarsi a 19 milioni di tonnellate, il 40% in meno sulla precedente annata che ha fatto registrare quantitativi da record. Le esportazioni sono valutate attorno ai dieci milioni di tonnellate, con un taglio del 50%. Anche per i raccolti di mais è prevista una diminuzione nell’ordine del 30%.

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