Possibile crollo della produttività dell’industria agromeccanica dettata dalla generalizzata carenza di materie prime, problemi di approvvigionamento energetico acuito dalla sanzioni internazionale e dalle contromosse di Mosca sui pagamenti, strozzature delle forniture agroalimentari su scala globale, con il conseguente rischio di carestie nei paesi che più dipendenti dalle forniture estere di grano e mais. Quelli appena elencati, sono solo alcuni dei preoccupanti punti affrontati da FederUnacoma nel corso del della quarta edizione del Think Tank, dedicata all’emergenza geopolitica e alla crisi delle materie prime, svoltosi allo Stadio Dall’Ara di Bologna, alla presenza delle cariche della federazione e di Dario Fabbri, noto analista geopolitico, che ha colto l’occasione per tratteggiare un quadro dettagliato dei mutamenti che hanno interessato le relazioni geopolitiche dallo scoppio della guerra in Ucraina.

FederUnacoma, con la crisi ucraina il ruolo dell’agromeccanica resta comunque cruciale

Prima di illustrare le proposte avanzate dai singoli gruppi di studio tematici FederUnacoma ha precisato che “la crisi delle commodity potrebbe durare anni”, tanto da rendere “necessario che le aziende agromeccaniche sviluppino strategie di lungo periodo, mostrandosi al contempo reattive rispetto ad improvvisi cambiamenti di scenario”. L’emergenza è particolarmente acuta in Europa che, come indica un report pubblicato lo scorso 16 marzo dalla società Pricepedia, importa dalla Russia una quota significativa di alluminio (5,5% del fabbisogno complessivo), rame (5,8%), nichel (15,3%) e acciaio (7% contando anche le forniture ucraine). Nel settore dell’energia, come noto, tale dipendenza è ancora più evidente, giacché le importazioni di gas naturale dal territorio russo superano il 35% del totale importato.

“Il conflitto militare tra Russia e Ucraina ha aggravato le tensioni sul mercato delle commodity che si erano già manifestate lo scorso anno con vertiginosi aumenti di prezzo e con interruzioni della supply chain, combinandosi con ulteriori rincari nel settore della logistica”, ha spiegato il presidente di FederUnacoma, Alessandro Malavolti, aprendo i lavori della sessione plenaria. In questo contesto – ha illustrato l’esperto di geopolitica Dario Fabbri intervenuto all’evento – il Paese deve diversificare i canali di approvvigionamento delle commodity mentre le aziende devono esplorare le opportunità offerte da altri mercati giacché è altamente probabile che le sanzioni contro la Russia durino anni.

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Il problema delle materie prime

Le pressioni inflazionistiche sulle materie prime così come sulla logistica, ha ribadito FederUnacoma, non compromettono soltanto la capacità produttiva dell’industria agromeccanica nazionale, ma riducono le possibilità di spesa delle aziende agricole, penalizzate soprattutto dai rincari dell’energia e dei fertilizzanti (di cui la Russia è primo produttore mondiale). Inoltre, la riduzione delle forniture cerealicole dall’Europa orientale sta creando un forte squilibrio tra domanda e offerta, che si riverbera anche sui prezzi delle derrate agricole, creando così le premesse per una crisi alimentare globale. Il gap produttivo può essere colmato con una nuova geografia delle colture, aumentando le superfici a seminativo, e con investimenti in macchinari agricoli di ultima generazione.

L’attuale situazione tuttavia non appare favorevole poiché l’incremento dei costi di produzione sta riducendo il potere di spesa dei redditi agricoli. In questo contesto – è emerso dal Forum dei costruttori – le aziende agromeccaniche devono essere particolarmente reattive rispetto ai cambiamenti di scenario, ma devono anche seguire strategie di lungo periodo per attenuare l’esposizione rispetto alla volatilità delle commodity. Una situazione complessa, che potrebbe andare ad intaccare il fatturato stimato del comparto che, ad ora, è in crescita di 2,2 miliardi sul 2020, per un totale di quasi 14 miliardi.

Le proposte

Su questi temi alcune interessanti indicazioni sono venute dai tavoli tecnici promossi al termine della sessione plenaria. Il gruppo di studio sull’energia, coordinato da Andrea Zaghi di Elettricità Futura, ha ribadito la necessità di diversificare le fonti e gli approvvigionamenti energetici anche puntando sulle rinnovabili. Ma per sfruttare tutte le potenzialità offerte dal settore – è stato osservato – occorre rafforzare gli incentivi per gli impianti di accumulo, prevedendo al contempo misure che riducano i costi. I tavoli sulla transizione ecologica e sui cambiamenti climatici, coordinati rispettivamente da Davide Spitale (Alzarating) e Lorenzo Ciccarese (ISPRA), hanno analizzato il tema del riscaldamento globale e sottolineato l’opportunità di intercettare le nuove leve di sviluppo “green”. Centrale anche la questione relativa alle materie prime industriali.

I costruttori italiani di macchine agricole – è stato sottolineato dal gruppo di lavoro sull’emergenza materiali, che ha avuto come esperto Ciro Rapacciuolo del Centro Studi Confindustria – devono puntare sulla regionalizzazione delle forniture, collaborando con partner vicini e affidabili. Acquisti collettivi e reti di impresa possono rafforzare il potere negoziale delle aziende nelle trattative con i fornitori, migliorando così le condizioni contrattuali. Il tavolo tematico sui nuovi materiali con Daniela Amandolese (Materially), ha segnalato l’esigenza di una stretta collaborazione tra imprese e mondo della ricerca, anche sfruttando i canali di finanziamento dell’UE.

I nuovi materiali – è stato spiegato – potrebbero risolvere molti problemi di approvvigionamento, ma occorre valutare con grande attenzione l’impiego che essi possono trovare nei processi produttivi della meccanica agricola. “Stiamo affrontando una fase congiunturale di grande instabilità che potrebbe prolungarsi negli anni. Mai come oggi dunque – ha concluso Malavolti – è necessario che l’industria agromeccanica italiana faccia sistema, mostrandosi competitiva anche su nuovi mercati e attivando sinergie di settore di cui potrebbero beneficiare sia il comparto nel suo complesso che le singole aziende”.

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