Emilia-Romagna, nel 2023 crolla la produzione cerealicola in Regione
Nella prima metà dell'anno la campagna di raccolta ha registrato cali medi del 20% sia per il grano che per l'orzo. L'allarme di Confagricoltura
Pioggia gelata per l’Emilia-Romagna: per il secondo anno consecutivo la produzione cerealicola della regione è calata, raggiungendo valori medi pari al -20% di grano e orzo. A dirlo, nero su bianco, la sigla regionale di Confagricoltura, che ha effettuato alcune stime basandosi sui primi dati riportati dagli agricoltori in merito al raccolto 2023. A peggiorare la situazione ha sicuramente contribuito la disastrosa alluvione che si è abbattuta sulla Romagna lo scorso 16 maggio e che ha sostanzialmente azzerato la produzione in numerose zone dalla forte vocazione agroalimentare, completamente inondate dal fango e dai detriti portati dai fiumi esondati.
In base alle stime di Confagricoltura, a livello cerealicolo la regione è sostanzialmente spaccata in due, con la zona occidentale (Parma e Piacenza) che registrano risultato positivi, e la zona orientale – quella dove l’alluvione si è abbattuta con maggior impeto – che invece ha messo a segno dati ben al di sotto della media annuale. Tra questi territori ci sono Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna ma anche parte del Bolognese e del Ferrarese. Il territorio sconta per altro la perdita totale del raccolto su 13 mila ettari di grano e orzo rimasti sott’acqua per più di tre giorni, difficoltà nella trebbiatura dovute all’eccesso di terra e fango e raccolti ancora irraggiungibili in collina.
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«Come la siccità l’anno passato, così l’alluvione ha tagliato la produzione cerealicola 2023 – spiega il presidente della sezione cereali di Confagricoltura Emilia Romagna Lorenzo Furini – con rese che in regione si fermano mediamente a 60-62 quintali a ettaro per il grano tenero e 45-47 quintali a ettaro per il duro. Varietà precoci (es. Bandera), che rispondono meglio delle tardive: queste ultime sono state danneggiate dal maltempo nel momento più delicato, nella fase di maturazione lattea. Si stimano nel complesso standard qualitativi medio-bassi, ma il prodotto è salubre».
Confagricoltura Emilia-Romagna lancia l’allarme: il rischio, a questo punto, è l’abbandono graduale da parte degli agricoltori delle colture di grano duro, tra le eccellenze italiane. «L’Emilia-Romagna è la terza regione per ettari coltivati a grano duro dopo Puglia e Sicilia – la prima al Nord – e negli ultimi due anni ha visto incrementare del 60% la superficie investita, anche sulla spinta di filiere d’eccellenza come quella della pasta, ma ora rischia un rallentamento molto forte degli investimenti per scarsa redditività».