Deutz-Fahr Agrotron 260, alla vigilia del nuovo millennio
Deutz-Fahr Agrotron 260, spinta verso l’alto. Concepito per i contoterzisti spingeva il gruppo nel segmento degli over 250 cavalli con soluzioni raffinate
Deutz-Fahr Agrotron 260, spinta verso l’alto. Concepito per i contoterzisti spingeva il gruppo nel segmento degli over 250 cavalli con soluzioni raffinate
Presentato all’Agritechnica di Hannover nel 1998, il Deutz-Fahr Agrotron 260 si issava al top di gamma (c’era anche il modello 230) dell’offerta Deutz-Fahr, lanciando di fatto il brand di casa SDF sul ring delle alte potenze, dove già si affrontavano i pesi massimi di John Deere, New Holland, Case IH, Fendt e Massey Ferguson. Sotto una veste decisamente moderna per l’epoca, il 260 nascondeva il sei cilindri Deutz serie 1013 da 7.146 cc e 264 cavalli di potenza massima.
Deutz-Fahr Agrotron 260, alle soglie del 2000
Una cilindrata che in agricoltura era considerata ‘bassa’; per realizzare la stessa potenza John Deere viaggiava infatti sugli 8,1 litri, Case IH sugli 8,3 e Massey Ferguson sugli 8,5. C’erano però anche altri attori in controtendenza, visto che New Holland sfruttava un 7 litri e Fendt addirittura un 6,9 litri. Rispetto ai concorrenti il Deutz offriva però particolari di interesse quali il sistema di alimentazione basato su pompe singole che lavoravano a 1.400 bar di pressione, gli iniettori a sei fori e la presenza dell’intercooler sull’aspirazione che enfatizzava il rendimento.
Sotto al cofano tante innovazioni
A valle del propulsore c’era un bel giunto idraulico Voith cui si dovevano le partenze morbide e progressive che caratterizzavano l’Agrotron e che permettevano di fermarsi al minimo con la marcia innestata senza dover agire sulla frizione, che era collocata dopo il powershift a quattro stadi e prima del cambio meccanico a sei marce sincronizzate. In totale 40 i rapporti in entrambi i sensi che sebbene abbondanti restavano un limite per una macchina che doveva sfidare tutti concorrenti già muniti di full powershift automatizzati o programmabili se non di cambio continuo (come nel caso del Fendt Vario appena lanciato).
Tra l’altro anche la leva per selezionare i rapporti meccanici era piuttosto infelice per dimensioni e manovrabilità. Bene invece la sospensione idromeccanica del ponte anteriore made in Zf. Sospesa anche la cabina grazie a due ‘bolle’ d’aria compressa sul posteriore che assicuravano il molleggio con una corsa di 40 millimetri in alto o in basso rispetto alla posizione di riposo. Ottima la visibilità grazie al cofano motore inclinato e completamente libero da prese d’aria, e ai tubi di scarico e di aspirazione collocati in prossimità dei montanti.