Con l’aumento vertiginoso delle quotazioni del grano sugli indici borsistici di mezzo mondo (in primis quello del Chicago Board of Trade, riferimento mondiale in materia) e il crollo della produzione in Italia, le ricadute sui consumatori sono inevitabili. Stando all’ultima analisi rilasciata dalla Coldiretti, con i prezzi del grano e del pane che sono aumentati di ben dieci volte rispetto alla media, gli effetti sulle tasche degli italiani ammonterebbero a un aggravio di ben 8 miliardi di euro nel solo 2022. Gli effetti sugli agricoltori, invece, sono anche peggiori: in molto ormai stanno addirittura lavorando in perdita – essendo i compensi scesi sotto i costi di produzione -, in attesa di sfangare almeno la complicata stagione in corso.

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A pesare, secondo la Coldiretti, sono soprattutto gli effetti innescati dalla guerra in Ucraina, tra cui le drammatiche manovre speculative, seguite da pratiche sleali sui prodotti alimentari. Si va dai tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali alle etichette ingannevoli fino al taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzione. In questo senso, sta dando una grande mano il decreto legislativo in attuazione della Direttiva Ue sulle pratiche commerciali sleali approvato lo scorso 15 dicembre, ma ancora non è abbastanza.

Il risultato è che, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea, per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi. Il pane è uno degli esempi più significativi. Un chilo di grano viene pagato agli agricoltori intorno ai 35/40 centesimi e serve per produrre un chilo di pane che viene venduto a consumatori a prezzi che variano dai 3 ai 5 euro a seconda delle città, secondo Coldiretti.

Il commento

L’incidenza del costo del grano sul prezzo del pane resta dunque marginale pari a circa il 10% in media. Ma c’è anche il caso del pomodoro. In una bottiglia di passata da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.

“Per affrontare questa emergenza causata da guerra e siccità Coldiretti, insieme a Filiera Italia, è pronta a presentare progetti operativi – spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini -. Oltre all’accordo con Philip Morris Italia sul tabacco, stiamo progettando investimenti di sistema per il 100% italiano, dalla zootecnia al vino, dal grano alla frutta secca, dall’olio all’ortofrutta. Dobbiamo puntare ancora di più su qualità, sostenibilità, innovazione e ricerca per rafforzare ancora il Made in Italy sui mercati esteri”. I contratti di filiera, partendo dalla produzione agricola – spiega Coldiretti -, si sviluppano nei diversi segmenti della filiera agroalimentare, intesa come insieme delle fasi di produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari.

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