Coronavirus e agricoltura, è già emergenza manodopera
Seppur le attività agricole abbiano ufficialmente il ‘permesso’ di proseguire regolarmente, diverse realtà del settore primario cominciano ad accusare i primi pesanti contraccolpi generati dall’epidemia. Oltre a dover scontrarsi con una serie di servizi bruscamente ridimensionati o addirittura completamente sospesi come ad esempio molte officine e centri di assistenza, per alcuni imprenditori agricoli sta emergendo […]
Seppur le attività agricole abbiano ufficialmente il ‘permesso’ di proseguire regolarmente, diverse realtà del settore primario cominciano ad accusare i primi pesanti contraccolpi generati dall’epidemia. Oltre a dover scontrarsi con una serie di servizi bruscamente ridimensionati o addirittura completamente sospesi come ad esempio molte officine e centri di assistenza, per alcuni imprenditori agricoli sta emergendo il problema della sempre più scarsa reperibilità di manodopera.
La prima a soffrire è l’orticoltura specializzata
Il coronavirus blocca molte persone a casa, compresi diversi lavoratori delle imprese agricole. È vero che i titolari e i dipendenti sono giustificati nel recarsi e spostarsi in azienda, ma è altrettanto vero che la questione si complica nel caso dei braccianti stagionali, sia italiani che stranieri impegnati nelle più concitate operazioni colturali, come le fasi di trapianto e raccolta.
Già diversi orticoltori professionisti hanno registrato un netto crollo della disponibilità di manodopera straniera su cui da anni facevano affidamento. Infatti, con la chiusura delle frontiere tanti braccianti -che in questo periodo dell’anno vengono a lavorare in Italia soprattutto dall’Europa dell’Est- sono rimasti forzatamente nel proprio Paese, lasciando in gravi difficoltà le aziende agricole sprovviste di alternative.
Anche un solo lavoratore può fare la differenza, nel bene e nel male
Il quadro è fosco e potrebbe ulteriormente peggiorare per il possibile stop di altri anelli della filiera. Oltre al problema della manodopera nei campi, c’è poi quello dei centri di lavorazione e confezionamento dei beni alimentari. Seppur vengano adottati tutti gli standard di sicurezza, se un solo lavoratore risultasse positivo al virus l’intera realtà produttiva verrebbe compromessa.