Contoterzisti, calano quelli non professionali. Ma il settore si mostra resiliente
CAI ha fatto il punto sullo stato del contoterzismo nel 2022, alla luce dei dati rilasciati dall'Istat. Dalla Bernardina: "si può dire che il mercato delle lavorazioni per conto terzi abbia tenuto"
Un settore sempre più solido, ma con dinamiche interne in mutamento. Potrebbero essere letti in questo modo i dati rilasciati dall’Istat in merito allo stato del contoterzismo e delle attività dei contoterzisti in Italia. In base infatti a quanto rilevato dal CAI (Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani) anche se il comparto ne esce rafforzato, le attività strettamente legate all’agricoltura hanno subito una contrazione rispetto a quelle svolte con carattere professionale.
Contoterzisti, i cambiamenti alla luce del report Istat
Secondo CAI, quello che emerge dal censimento dell’Istat, è un risultato in parte prevedibile, considerando l’elevato livello tecnologico che le imprese agricole oggi chiedono agli agromeccanici e che può essere soddisfatto solo da imprenditori specializzati e dotati di macchine a controllo digitale. Dopo vari anni di incentivi 4.0 – prima con gli ammortamenti maggiorati e poi con il credito d’imposta – le imprese agromeccaniche professionali hanno rafforzato la loro posizione sul mercato, a scapito di quelle che prestano servizi poco specializzati.
“In complesso – esordisce con orgoglio il Presidente Gianni Dalla Bernardina -si può affermare come il mercato delle lavorazioni per conto terzi abbia sostanzialmente tenuto, nonostante le limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria, ancora in corso alla data del censimento. Le imprese agromeccaniche hanno dimostrato di apprezzare gli incentivi in forma di credito d’imposta, che premiano le aziende che fatturano e che pagano le tasse, e questa è la conferma che finalmente si è intrapresa la strada giusta per diffondere l’innovazione”, ha concluso Dalla Bernardina.
La contrazione del settore primario
I servizi agromeccanici svolti come attività connessa mostrano invece una contrazione più marcata (49%), che testimonia quanto rapidamente l’agricoltura italiana stia cambiando. Un cambio che si evidenzia sul piano quantitativo – in un decennio si sono perduti 500.000 produttori agricoli – e su quello qualitativo, che ha visto decrescere le superfici a pascolo e colture legnose, rimpiazzate dai seminativi, di più agevole meccanizzazione. Pur essendo necessari ulteriori approfondimenti sull’immensa mole di dati rilevati, è indubbio che l’agricoltura stia cercando nuovi equilibri, non solo nei settori convenzionali: il calo delle “connesse” ha colpito anche le attività forestali e la manutenzione del verde.