Con la rielezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea, le sigle di settore hanno iniziato ad attivarsi per cercare di tracciare una linea decisa da seguire per far fronte alle difficoltà del settore primario, alle prese con una gestione complessa dell’attuale PAC e con gli effetti prorompenti dei mutamenti climatici. Tra di loro non poteva non mancare la Coldiretti che, in occasione della Assemblea nazionale svoltasi gli scorsi giorni Roma alla presenza di delegati da tutta Italia, ha fatto il punto della situazione, alla luce dei recenti mutamenti politici ai vertici dell’Unione Europea.

Per la sigla agricola l’intento primario è quello di far salire il budget per l’agricoltura per evitare che la produzione alimentare europea crolli, mettendo a rischio i 620 miliardi di euro del sistema agroalimentare italiano e favorendo le importazioni dai Paesi terzi. Per la Coldiretti la Commissione Europea deve stanziare più risorse per colmare il gap con Usa e Cina che garantiscono ai rispettivi settori molte più fondi.

La Politica agricola comune in Europa vale 386 miliardi di euro in totale fino al 2027 – ricorda la Coldiretti – di cui trentacinque miliardi di euro in Italia, un ammontare che mette le aziende agricole dell’Unione in una situazione di svantaggio rispetto al resto del mondo. In sostanza, la Coldiretti chiede alla nuova Commissione UE di accompagnare lo sviluppo del settore, investendo concretamente su innovazione e sostenibilità ma anche destinando una volta per tutte i fondi solo ai veri agricoltori, non ad esempio agli aeroporti con terreni.

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Al tema delle risorse si abbina quello della semplificazione burocratica. In risposta alla manifestazioni dei trattori e del mondo agricolo per le vie di Bruxelles, l’UE ha compiuto un primo importante passo verso l’alleggerimento degli adempimenti a carico delle aziende agricole rispetto a quanto indicato originariamente della PAC. Un passo che va ora rafforzato con una semplificazione ancora più profonda di tutte le regole della PAC che gravano su tutte le aziende, a prescindere dalla loro dimensione, considerato che oggi un agricoltore spende un terzo del suo tempo per riempire moduli e carte burocratiche.

Ed infine il principio di reciprocità: secondo la Coldiretti, infatti, le regole imposte ai produttori europei devono valere per chi vuole vendere nell’Ue. Il rischio, qualora ciò non dovesse avvenire, è quello di incorrere nella concorrenza sleale (a cui si affianca la questione del caporalato). Centrale, a tal proposito, sarebbero le modifiche al codice doganale sull’origine dei cibi, che attualmente consente oggi di spacciare per cibo italiano quello che italiano non è.

Oltre al presidente nazionale Ettore Prandini, all’assemblea nazionale erano presenti il segretario generale Vincenzo Gesmundo, il Presidente della Coldiretti Ettore Pradini, il vice premier e Ministro degli Esteri Antonio Tajani, il Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, il Ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto, il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia, il Presidente dell’Ice, Matteo Zoppas e dell’Amministratore Delegato di BF Federico Vecchioni.

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