CIA, «rincari fino al 500% dal campo alla tavola». In 2000 alla mobilitazione a Roma

“Non toglieteci il futuro”: è questo il mantra che ha guidato lo svolgimento della manifestazione nazionale di CIA-Agricoltori Italiani, che si è svolta il 26 ottobre per le vie del centro cittadino di Roma, a Piazza Santi Apostoli e nei suoi dintorni. Sono stati più di 2000 gli agricoltori e gli allevatori che, giunti da tutta Italia, hanno risposto all’appello della sigla, per far sentire la loro voce contro i rincari e le difficoltà che stanno attanagliando il settore primario.

CIA-Agricoltori Italiani, calo produttivo su tutta la linea

La panoramica tratteggiata da CIA è desolante: l’ortofrutta è in ginocchio, con un taglio del 40% della produzione dopo la siccità record del 2022, le gelate e soprattutto gli effetti delle alluvioni di maggio. Il vino Made in Italy ha perso in media il 12% quest’anno, a causa degli attacchi distruttivi di peronospora, perdendo il primato mondiale a favore della Francia. Anche la zootecnia è in sofferenza, con un 2023 inaugurato dal calo del 30% della produzione di carne bovina e continuato con il proliferare della peste suina, che rischia di distruggere un comparto da 11 miliardi.

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E mentre i listini dei cereali sono in caduta libera (-40%), il carrello della spesa si fa più pesante con l’inflazione, esplodendo il divario tra i prezzi pagati agli agricoltori e quelli sugli scaffali dei supermercati. Oggi un produttore prende 35 centesimi per un chilo di grano duro, mentre un pacco di pasta costa 2,08 euro, con un aumento del 494% dal campo alla tavola. Stessa dinamica sul latte: all’allevatore vanno 52 centesimi al litro, ma il consumatore per comprarlo spende 1,80 euro (+246%). Gravi anche i rincari per frutta e verdura. Il risultato è un calo del 60% del reddito netto delle imprese agricole, che fanno sempre più fatica a coprire i costi di produzione in continua ascesa (+16mila euro nell’ultimo anno per azienda).

A fronte dei virtuosismi che caratterizzano il settore (produzione di energie alternative e cibo di qualità) e contro qualunque fake news che lo vorrebbe vedere come inquinante e poco sostenibile, il settore primario continua a confermarsi come apripista nel campo delle innovazioni e della cura del paesaggi. Ed è proprio a partire da questa constatazioni che ci sono, dunque, “buoni motivi per reclamare più attenzione per le nostre aziende agricole. Deve rimetterle al centro l’Italia così come l’Europa, che dovrebbe stare dalla nostra parte, invece di continuare a imporre norme e regolamenti dall’alto”, come rimarcato dal presidente di CIA, Cristiano Fini.

Le proposte

Quindi, a fronte delle criticità che hanno investito il settore – tra emergenze geopolitiche, climatiche e fitosanitarie -, per CIA è arrivato il momento di risolvere i problemi e rispettare le aspettative del settore. Iniziando proprio dal garantire il giusto reddito agli agricoltori lungo la filiera, redistribuendo a monte una quota degli aumenti sulla tavola per creare un sistema più equilibrato; aggiornando la normativa sulle pratiche sleali certificando i costi di produzione agricola per assicurare prezzi dignitosi; riducendo le forme di finanziarizzazione legate alla produzione di materie prime.

Bisogna favorire l’aggregazione aziendale e incentivare la crescita delle Pmi, anche con una revisione degli strumenti di accesso alla terra e una legge sul ricambio generazionale, che vuol dire dall’altro lato agevolare l’uscita dal settore con una riforma strutturale per innalzare le pensioni minime agricole. Sul fronte manodopera, le difficoltà di reperimento richiedono procedure più semplici e flessibili, mentre sul caro-energia, Cia dice basta ad accise e Iva sui carburanti.

Calamità naturali e crisi fitosanitarie, invece, sollecitano la riforma del sistema delle assicurazioni, nazionale e Ue, tanto più che oggi gli strumenti a disposizione coprono in media meno del 3% dei danni reali e i risarcimenti arrivano in estremo ritardo. Monta la protesta anche sulla fauna selvatica: gestione e ripristino dell’equilibrio sono le parole d’ordine, da tradursi subito in fatti. Infine, obiettivo aree rurali, dove per frenare l’abbandono serve riportare sui territori i servizi alle imprese e alla persona, mettere in sicurezza le infrastrutture e incentivare la digitalizzazione.