Un riconoscimento alle politiche e agli incentivi dedicati ai giovani in agricoltura e, al contempo, un monito per far luce su una categoria che nel settore primario è ancora bistrattata dalle istituzione: le donne. È in quest’ottica che può essere letto l’ultimo intervento di Donne in Campo-Cia e Confagricoltura Donna, le sezioni delle due sigle di categoria dedicate all’imprenditoria femminile in agricoltura. Un campo per cui le due sigle hanno segnalato l’urgenza di una legge quadro.

Una misura al cui interno dovrebbe essere prevista anche la costituzione di un ufficio permanente presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, e di un osservatorio ad hoc, con l’obiettivo di promuovere l’accesso delle donne all’attività agricola e di potenziare le politiche attive del lavoro nel settore primario. L’intento, oltre che di tutela, è quello di stimolare l’accesso al credito e all’innovazione

In Italia, infatti, il 31,5% delle imprese agricole è a trazione femminile (mentre la media europea arriva al 29%). L’imprenditoria agricola in rosa rappresenta un’opportunità di lavoro al Sud e un importante volano per la sostenibilità ambientale. La regione con il maggior numero di imprese agricole femminili è la Sicilia, seguita da Puglia e Campania. All’interno del segmento spiccano gli agriturismi e le fattorie didattiche (che rappresentano il 60% del totale), così come le aziende biologiche. Gli allevamenti zootecnici guidati da donne superano il 43% e le aziende floricole sfiorano il 50%.

I commenti di CIA e Confagricoltura

“Le oltre 200mila imprenditrici agricole italiane sono in prima linea per difendere il settore quale asset strategico del Paese, dove la produzione di cibo e la tutela del territorio camminano insieme, rappresentando il patrimonio di biodiversità, salute e benessere, cultura e tradizione del Made in Italy” afferma Pina Terenzi, presidente di Donne in Campo-Cia.

“Secondo l’Ocse, riducendo il divario di genere nell’accesso alle risorse produttive, la produzione delle imprese agricole femminili aumenterebbe del 20%-30%”, ha proseguito Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna. “Un contributo concreto alla sicurezza alimentare a cui non possiamo rinunciare, considerando che dovremo sfamare una popolazione di 10 miliardi di persone entro il 2050. L’agricoltura, oltre a essere un settore fondamentale per la nostra economia, è uno dei comparti a maggior presenza femminile, con buone prospettive di crescita nella fascia manageriale. Infatti, in 10 anni, le donne a capo di aziende agricole sono passate da 1 su 4 nel 2000 a 1 su 3 oggi. Inoltre, le aziende condotte da donne sono socialmente più responsabili e aprono la strada a un futuro più inclusivo e resiliente”.

Le due organizzazioni evidenziano la necessità di mettere a disposizione strumenti legislativi e istituzionali, così come accaduto per l’imprenditoria giovanile, con l’obiettivo di valorizzare l’apporto delle donne: una parte fondamentale del mondo agricolo, impegnata nell’innovazione, nella sostenibilità e nella costruzione di sistemi alimentari sostenibili.

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