Ma solo a fine primo tempo. La parola al Presidente di FederUnacoma Alessandro Malavolti in merito alle voci che hanno animato l’ultima edizione del Sima di Parigi, ovvero il possibile slittamento della manifestazione transalpina in concomitanza con l’Eima di Bologna.

Buongiorno Presidente, partiamo dal Sima. Sembra proprio che l’ultima edizione sarà ricordata soprattutto per le voci di un possibile cambio di calendario della manifestazione transalpina. Ci può raccontare cosa è successo a Parigi e quali erano i vostri timori?

 Un paio di giorni prima dell’inizio della Fiera è arrivata voce da fonte attendibile che l’Axema (l’associazione dei costruttori francesi, nonché ente organizzatore del Sima) avesse già deciso di spostare il Sima a novembre nello stesso anno di Eima con due giorni di sovrapposizione tra le due manifestazioni, già a partire dal 2020. 

Salvo poi annunciare, a fine esposizione, che è invece confermata la data tradizionale, ovvero febbraio 2021. 

Ma attenzione, la decisione non è ancora definitiva; la stessa Axema ha ribadito che l’associazione si riserva comunque di valutare più attentamente la cosa e di dare comunicazione ufficiale a riguardo entro un paio di mesi.

Frédéric Martin, presidente Sima e Axema

Ammettendo che gli organizzatori abbiano effettivamente fatto un passo indietro sul possibile slittamento a novembre del Sima, crede che ciò sia dovuto al parere negativo dei costruttori?

Io posso solo far riferimento a quanto riferitomi personalmente dai più rappresentativi espositori italiani presenti a Parigi. In sostanza sono tutti contrari a un’eventuale sovrapposizione. Avere due fiere di grande importanza in contemporanea, più che per il pubblico che è per la maggior parte differente, si ripercuoterebbe negativamente sugli espositori. 

Le aziende italiane si troverebbero nella situazione di partecipare negli anni dispari solo all’Agritechnica di Hannover e negli anni pari a ben quattro fiere: Fieragricola (Verona), Fima (Saragozza), Eima (Bologna) e Sima (Parigi) con una suddivisione del ‘budget fieristico’ di anno in anno decisamente sproporzionato.

 Stando ai numeri forniti dagli organizzatori del Salone francese non si può parlare di una manifestazione in crescita. Crede che la motivazione sia esclusivamente legata al fattore data?

Secondo me non è sicuramente la data il più grosso dei problemi. Non scordiamoci che Fieragricola, che va in scena più o meno nello stesso periodo, ha dimostrato nelle ultime edizioni una buona crescita sia di pubblico che di partecipazione delle aziende coinvolte nel settore. 

Credo dunque che il problema del Sima non sia tanto il calendario, quanto piuttosto una carenza di contenuti. 

La Fiera di Parigi da questo punto di vista ha perso moltissimo negli ultimi anni a favore di altre fiere ‘regionali’ francesi che hanno saputo imporsi negli ambiti dell’agricoltura specializzata. Al Sima è rimasto sostanzialmente il ‘campo aperto’ che però negli ultimi anni ha sofferto in maniera abbastanza evidente. 

Credo che sostanzialmente la pecca del Sima sia proprio quella di non aver saputo creare contenuti nuovi, coinvolgendo anche i protagonisti della specializzazione. 

 Alla luce di tutto ciò, all’interno del Cema (il Comitato europeo delle associazioni di costruttori di macchine agricole) come sono i rapporti tra le varie associazioni nazionali e in particolare quelli tra FederUnacoma e Axema?

I rapporti sono estremamente cordiali con tutti. Da parte nostra c’è sicuramente una collaborazione più omogenea con l’associazione tedesca che presenta più similitudini con la nostra per il numero consistente di effettivi costruttori di macchine agricole. In Francia  le realtà produttive sono molte meno e di conseguenza all’interno di Axema esercitano probabilmente maggior peso le strutture commerciali.

Si vocifera che alcuni big player del settore vedrebbero di buon occhio un’alternanza triennale delle tre grandi kermesse (Agritechnica, Eima e Sima), qual è la vostra posizione al riguardo?

Effettivamente l’istanza di un’alternanza triennale è stata portata già l’anno scorso al Cema dai grandi costruttori full line. La nostra posizione a riguardo, ma anche quella della Dlg (l’associazione tedesca), è estremamente contraria. 

Ovvio che tale soluzione faccia comodo alle multinazionali consentendo loro di diluire i budget, ma non va scordato che lo ‘zoccolo duro’ di Feder Unacoma sono soprattutto le piccole e medie imprese, aziende per cui l’evento fieristico rappresenta reali possibilità di vendita oltre che di estensione del proprio business. 

Su 350 associati circa 100 si occupano di componentistica e 200 di implements, aziende con un fatturato medio sui 5 milioni euro, per le quali l’evento fieristico è vitale. Per loro una fiera ogni tre anni è impensabile.

In un suo recente comunicato ha dichiarato la necessità di ‘fare squadra’ tra europei per arginare la concorrenza degli eventi organizzati nei Paesi in via di sviluppo. Pensa che l’ascesa dei mercati asiatici creerà uno spostamento a est dell’attenzione mondiale anche a livello di eventi fieristici?

Oggi la leadership a livello fieristico di Italia e Germania è molto forte. La maggior parte degli operatori stranieri del settore, compresi quelli provenienti  dal sud-est asiatico, si recano ad Eima per tenersi aggiornati sulle nuove tecnologie. Vero però che in Cina soprattutto, ma anche in Russia, stanno investendo molto in nuovi eventi dedicati e questo può indubbiamente spostare l’attenzione del settore verso quei Paesi. 

Specialmente per i nostri soci avere uno o due punti di riferimento in Europa (Eima e Agritechnica) è ovviamente molto più conveniente che dover partecipare anche a manifestazioni a quelle latitudini.

Quali sono le strategie per agevolare la penetrazione dei vostri associati sui nuovi mercati mondiali?

La strategia è duplice, da un lato continuare ad attirare clienti ed operatori qualificati stranieri ad Eima e dall’altro favorire la partecipazione dei nostri associati a manifestazioni locali nei Paesi dove ci sono possibilità di sviluppo del loro business. Abbiamo sostanzialmente selezionato una fiera per Paese (Cina, India e Russia) e stiamo promuovendo una partecipazione ‘collettiva’ con stand organizzati da FederUnacoma col contributo dell’ICE (l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) per presenziare in maniera sostenibile dal punto di vista economico agli eventi. L’India è il primo di questi mercati sul quale abbiamo investito come Federazione, organizzando direttamente l’esposizione internazionale di Eima Agrimach a New Delhi, che terrà nel dicembre prossimo la sua sesta edizione biennale.

Il 2018 è tornato sui valori del 2016 per quanto riguarda le immatricolazioni dei trattori in Italia. Smaltita dunque l’euforia piuttosto ‘aleatoria’ indotta dalla Mother Regulation, che valori vi aspettate per l’anno in corso?

I primi due mesi sono in calo, ma lo scorso anno gennaio e febbraio sono stati caratterizzati da una coda dell’effetto MR dell’anno precedente. 

Se confrontati invece con lo stesso bimestre 2016 si registra una crescita nell’ordine dell’8-10 per cento. È dunque auspicabile aspettarsi un’annata discreta, con un valore finale sui 19 mila trattori immatricolati.

All’ultima Eima International abbiamo assistito a uno scontro/incontro tra Feder-Unacoma e il Ministero dell’Agricoltura, reo di trascurare le problematiche del settore. C’è stato un effettivo riavvicinamento delle istituzioni al comparto con una scaletta delle misure da adottare, revisione in primis?

I rapporti col Ministero dell’Agricoltura sono ora sicuramente più ‘collaborativi’ con l’impegno comune di portare avanti il progetto revisione. 

Al momento però le pratiche sono in mano al Ministero dei Trasporti e purtroppo i trattori non sembrano essere una loro priorità. Tempi certi per l’effettiva introduzione del provvedimento purtroppo ancora non ce ne sono.

La revisione è l’unica panacea per lo svecchiamento del parco macchine o avete in mente altre soluzioni che possano incentivare l’acquisto di nuovi macchinari?

La speranza è che una parte dei fondi PAC (Politica agricola comunitaria) siano devoluti per una sorta di rottamazione sotto forma di piano pluriennale per il rinnovamento del parco macchine. 

Siamo ben consci che una misura della durata di uno o due anni come avvenuto per l’auto non avrebbe altri effetti se non quello di drogare il mercato portando poi a un’ulteriore depressione.

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