Blockchain. La nuova era della tracciabilità
Nell’articolo 1, commi 520 e 521, della scorsa finanziaria si prevedono la concessione alle imprese agricole di un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile e mutui agevolati di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile per il finanziamento di iniziative finalizzate allo sviluppo di processi produttivi […]
Nell’articolo 1, commi 520 e 521, della scorsa finanziaria si prevedono la concessione alle imprese agricole di un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile e mutui agevolati di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile per il finanziamento di iniziative finalizzate allo sviluppo di processi produttivi innovativi e dell’agricoltura di precisione o alla tracciabilità dei prodotti con tecnologie blockchain.
In attesa delle specifiche tecniche e di capire quali modalità di implementazione saranno effettivamente sostenute vale la pena fare un punto su cosa sia e come possa funzionare la blockchain in ambito tracciabilità.
Blockchain, semplificando, è un enorme database distribuito che si aggiorna automaticamente, che riunisce informazioni e documenta chi ha inserito quel dato, in quel momento.
La principale applicazione, per ora, sono le criptovalute, e in particolar modo il bitcoin, in quanto la blockchain sostanzialmente registra le transazioni e quindi i trasferimenti di valore tra i portafogli digitali abilitati. La tracciabilità delle informazioni è quindi una esternalità positiva, una funzionalità aggiuntiva che sfrutta delle caratteristiche proprie dell’infrastruttura blockchain per svolgere un lavoro per cui non è stata specificatamente progettata. È bene sottolinearlo, così come è bene chiarire che, relativamente alla tracciabilità in campo agroalimentare (ma vale in qualsiasi altro settore), il fatto che un prodotto sia presente in blockchain non è di per sé garanzia di nulla e non equivale ad alcuna certificazione.
Blockchain. Carta canta! Impossibile cancellare
La blockchain, infatti, è un registro, un grosso libro bianco che si aggiorna in tempo reale, in cui ognuno può, potenzialmente, scrivere quello che vuole. La tecnologia, però, prevede che tutti vedano chi ha scritto cosa, quando, e soprattutto fa sì che quelle informazioni siano, sostanzialmente, immodificabili.
Detto questo, la scelta del Governo di inserire in finanziaria degli incentivi per iniziative finalizzate allo sviluppo di processi produttivi innovativi legati alla tracciabilità dei prodotti con tecnologie blockchain è una scelta interessante per diversi motivi. Come prima cosa rappresenta uno stimolo a innovare, a guardarsi intorno e a cercare nuove soluzioni; quella digitale è una rivoluzione che tocca le modalità di produzione e distribuzione e il mondo dell’agrifood ne è pesantemente investito.
Sviluppare progetti in blockchain richiede di entrare nel mondo del digitale modificando non solo le modalità produttive, ma anche l’organizzazione delle imprese, anche di quelle agricole.
Vuol dire quindi imparare a gestire le informazioni e capire il valore dei dati, della comunicazione e del rapporto con il cliente. Per esempio, vuol dire avere la possibilità di entrare in contatto diretto con i consumatori disintermediando la catena del valore.
Ci sono, infatti, realtà informatiche (la comasca Foodchain è una di queste) che costruiscono delle piattaforme software dove i produttori ricostruiscono digitalmente la propria filiera definendo ogni singolo passaggio produttivo inserendo, per esempio, la quantità e la qualità del concime o degli anticrittogamici/pesticidi utilizzati.
Passaggi certificati che creano valore
Il risultato è un QR Code che rimanda a delle informazioni da cui si possono evincere tutti i processi produttivi mostrando al consumatore chi ha fatto cosa, e come. Questo vuol dire riuscire a raccontare la propria storia, descrivere la propria realtà produttiva e i propri prodotti direttamente a chi andrà a consumarli, magari insieme ai propri partner di filiera.
Un passaggio che può sottolineare le caratteristiche del prodotto, compresa la fatica e gli sforzi che si compiono per arrivare ai risultati. È possibile mentire? Certo, solo che lo strumento è un forte disincentivo: tutti possono vedere le informazioni inserite (che non possono essere mutate ex post) e soprattutto, fonti terze super partes, possono elaborare dati certi sul prodotto.
Una volta inserito tutto in blockchain si può, per esempio, risalire a quanti e quali pesticidi hai comprato, con particolari algoritmi, partendo da foto satellitari Esa (e questa è una funzione che la piattaforma software di Foodchain offre) è possibile prevedere la produttività di un certo campo o stabilire alcune qualità e necessità del campo stesso.
Blockchain. Il controllo è indiretto ma funziona
Insomma, integrando sulla piattaforma funzionalità ulteriori sarà possibile triangolare le informazioni e far emergere eventuali discrepanze. Per questo mentire è possibile, ma molto sconsigliato, perché è molto difficile costruirsi una buona reputazione, ma è anche molto facile distruggerla.
Detto questo i dati in blockchain possono essere inseriti manualmente, su piattaforme software, è un lavoro lungo e probabilmente molto scomodo per le tradizionali PMI agricole italiane, però, oltre a essere utile per la blockchain, rappresenta un primo passo verso l’ottimizzazione dei processi. Non che normalmente non si faccia, con il famoso diario di campagna, ma rappresenta un elemento in più, che aiuta l’azienda a relazionarsi con fornitori, partner e clienti (compresi i consumatori finali). Non solo, le informazioni inserite, infatti, potranno essere integrate da fonti terze (i satelliti o, per esempio, famosi chef, o semplici consumatori, che possono esaltare la qualità di certi prodotti).
Per le imprese più strutturate, o magari per i contoterzisti, ci sono però soluzioni più complesse, alcuni integratori di sistema come Foodchain o la romana UniqID, lavorano direttamente sulle macchine agricole. Hanno hardware e alcuni software che permettono di automatizzare la raccolta dati e abilitano la scrittura direttamente in blockchain. Eliminando il passaggio dell’intervento umano si riducono gli errori, ma soprattutto, si abbattono i costi. Elementi IoT possono così registrare i dati direttamente in blockchain costruendo automaticamente la storia del prodotto e tenendo traccia di tutti i passaggi.
Le potenzialità del QR Code
Il QR Code diventa un touch point per il consumatore, come elemento di marketing. Distributori, produttori e ‘istituzioni’ potrebbero utilizzarlo come elemento di sicurezza alimentare nel momento, per esempio, in cui si dovessero richiamare dei lotti per delle non conformità, ma anche come fattore di de-burocratizzazione nel momento in cui desse accesso diretto a tutta una serie di documenti relativi a un certo lotto.
Oltre a questo la tracciabilità così costruita diventa un elemento di sicurezza per la filiera che può verificare in tempo reale la qualità dei processi e degli ‘input’ utilizzati e il momento esatto in cui ogni singolo partner ha realizzato quelle determinate lavorazioni (o processi) che si ricercano.