Tomaso Carraro, segno zodiacale che nel biennio 2014-2016 si è trovato all’intersezione tra l’azienda di famiglia, la Carraro Drive Tech, 728 milioni di fatturato, la presidenza di Assiot, l’associazione italiana costruttori organi di trasmissione, movimento e potenza, e quella di EuroTrans, il comitato europeo dei produttori di sistemi per la trasmissione di potenza. Quale migliore interlocutore per capire a che punto siamo?

Prima di cominciare l’intervista, una dichiarazione rilasciata all’atto dell’insediamento al vertice del comitato europeo: «Il mio auspicio è che Eurotrans possa evolvere nella casa di tutte le imprese del nostro settore, che vada al di la delle specificità nazionali e che sviluppi strategie di promozione europee con obiettivo i mercati globali. Un’associazione dove protagoniste saranno le aziende europee, coscienti che la leadership tecnologica ed economica di cui oggi godiamo va preservata e ulteriormente rafforzata».

Buongiorno, Carraro. Conferma la previsione di crescita tra l’1% e il 2% stimata nel primo semestre 2015?

Le stime di crescita paiono confermate. Continua la sofferenza dell’agricolo, soprattutto nei mercati statunitense e brasiliano, specializzati nei veicoli dai 160 cavalli in su. Oramai in Europa la stagnazione prosegue da decenni. L’India, tutto sommato, può vantare dei numeri più positivi rispetto alla Cina, che è in drastico calo, almeno per quanto riguarda il movimento terra.

Quali sono i prodotti nel paniere di Assiot ad avere più appeal rispetto alla concorrenza? 

Ribadisco la leadership nell’ingranaggeria sciolta, dove l’industria italiana è più forte, sia nei mercati sia nella tecnologia, anche dei tedeschi, nonostante l’ingranaggeria rimanga pur sempre un subcomponente. Siamo molto forti nel mondo dei motoriduttori epicicloidali, vedi Bonfiglioli, e in quello di trasmissioni e assali, con Carraro Drivetech, che è leader, e Dana, che pur’essendo americana ha sedi produttive qui in Italia (ndr: Arco, Rovereto, Como e Crescentino). In terza posizione c’è Zf.

Chi sono i principali associati?

In ordine alfabetico, Brevini, Bonfiglioli, Carraro Drivetech, Comer Industries, Oerlikon Graziano. Ci sono espressioni di aziende tedesche, come la Schaeffler, che in Italia ha stabilimenti importanti e notevoli risorse, anche intellettuali.

Si invoca spesso la necessità di fare sistema. È plausibile immaginare una maggiore integrazione verticale e orizzontale?

Sicuramente competiamo in un mercato dove l’innovazione, sia tecnologica che di processo e di prodotto, è fondamentale. Per fare questo occorrono investimenti significativi che da parte delle aziende italiane sono difficili, perché la dimensione aziendale è medio-piccola. Spesso i nostri avversari hanno dimensioni maggiori e sono legati all’automotive, quindi con una capacità di investimento e una ricaduta tecnologica considerevoli. Non dico che l’integrazione azionaria sia la soluzione, ma sicuramente una collaborazione dovrebbe essere ben accetta e perseguita. 

Tornando all’ingranaggeria…

Ha un know how di processo che non va sottovalutato, anche perché è un settore ad alto investimento, che rappresenta un fattore competitivo importante. Non dimentichiamo però che gli utilizzatori finali si autoproducono, per cui la produzione esterna è usata in termini di flessibilità. Raramente chi fa ingranaggi disegna autonomamente e non segue il disegno del cliente. Resta comunque un mercato dove siamo forti. 

Dallo Stage IIIA in poi trasmissioni, assali, riduttori e sistemi idraulici in genere sono assurti al ruolo di ‘motore del motore’. Quale sarà il loro ruolo strategico nello Stage V, crescerà in peso specifico o verrà oscurato da soluzioni radicalmente alternative come dual fuel, gas e ibridi- elettrici? 

Questa industria rimane legata ai costi, per cui le soluzioni meccaniche e semi-meccaniche non sono assolutamente destinate a scomparire.

Il primo punto sarà spingere sull’efficienza della componentistica classica, trasmissioni, motoriduttori e quant’altro. Ce n’è da fare e ci sono buone opportunità, che nasceranno dall’adottare nuove soluzioni tecniche e nuovi materiali. Sarà molto importante integrare le nuove tecnologie, – elettronica, pneumatica et cetera – che compongono l’oggetto finale, per progettarlo nei minimi dettagli. Questo è un trend che continuerà per molti anni.  

Da un comunicato stampa Assiot. Cosa significa: «Si evidenziano previsioni di crescita dell’utilizzo della capacità produttiva molto timide e leggermente più coraggiose in Italia rispetto a quelle evidenziate da chi ha fatto investimenti all’Estero?»

Uno dei plus dell’industria italiana è quello di essersi internazionalizzata in tempi non sospetti, quando nessuno lo riteneva necessario perché il mercato interno aveva volumi abbastanza grandi, inventandoci una vocazione all’export che ci ha salvati in tempi di crisi rispetto ad altri settori industriali. Un tempo questo significava solo esportare, poi sempre più produrre all’Estero, con l’idea che si potesse delocalizzare, soprattutto in Cina e India. Il trend  in realtà è quello di produrre in loco. Non si andrà più in Cina per esportare ma soprattutto per servire il mercato locale.

Ad oggi il costo totale della produzione di un assale in Cina e quello in Italia, non solo materiale e del lavoro, anche di qualità, logistico e finanziario, cominciano ad avvicinarsi, per cui il fenomeno del reshoring sta diventando significativo. Questo non vorrà dire riportare tutto in Italia, ma nei mercati di sbocco. 

Quanto sono penalizzate le imprese dell’area euro dall’embargo alla Russia?

Il peso della Russia è più significativo nel mondo dei veicoli e dell’oil&gas, nonostante sia sempre stata vista come un grande mercato potenziale.

A livello Eurotrans probabilmente è la Germania a pagare il prezzo più alto.

Quali sono le richieste di Eurotrans alla Commissione europea e quelle di Assiot al Governo italiano?

Io non appartengo alla schiera di chi addossa alla politica ogni colpa. Questa crisi ha origine da cambiamenti economoci e demografici mondiali, più complicata di una crisi passeggera.

Sicuramente chiediamo di poter lavorare più tranquillamente sotto il profilo della burocrazia e della pressione fiscale. 

Spesso i mercati sono condizionati dalla crisi finanziaria degli stati. L’agricoltura ovunque riceve sussidi.

Noi ci scontriamo con nazioni che hanno dimensioni di subcontinenti. Competere come  singole aziende è illusorio, e anche per i singoli paesi europei diventa molto difficile. Serve più integrazione a livello economico, tecnologico e finanziario. Si fa fatica a livello di isitituzioni governative, anche nel mondo industriale le identità nazionali sono così forti che il concetto di Europa come unico sistema rimane un passo indietro.

Il suo mandato va verso la scadenza naturale. Come procede il tavolo di lavoro con le associazioni nazionali? Cosa chiederebbe al prossimo presidente di Eurotrans?

Avrei sperato di incidere più sull’integrazione degli interessi europei piuttosto che sulla promozione degli interessi delle singole nazioni. Siamo ancora all’anno zero, il sasso è stato lanciato, ci vorranno pazienza e costanza  per raggiungere qualche risultato.

 

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