La serie Ergit 100 lanciata da Antonio Carraro nel 2010 rappresentava il top della produzione del marchio veneto, con prestazioni, versatilità, comfort e stile. Una gamma ideata per rispondere a qualsiasi esigenza del settore specializzato attraverso un’offerta di ben 14 modelli appartenenti a cinque differenti “famiglie”. TRX, TTR e SRX erano le versioni di guida reversibile con ruote isodiametriche, me mentre le prime due erano a ruote sterzanti, gli SRX presentavano l’articolazione centrale con baricentro ribassato e carreggiata molto stretta per unire manovrabilità è stabilità. I TRG rappresentavano invece le versioni aziendali destinate agli utilizzi più gravosi, con configurazione classica a ruote differenziate sterzanti e posto di guida reversibile

Antonio Carraro TGF 9800, fisionomia da specialista

Ruote differenziate ma abbinate a un profilo più filante e ribassato infine per i TGF, ovvero i modelli destinati a un prevalente utilizzo in vigneto e frutteto. La guida in questo caso è monodirezionale e, in virtù di un elevato numero di combinazioni di pneumatici disponibili, sono in grado di adattarsi con agilità ai vari tipi di filari. Considerata la destinazione d’uso, proprio i TGF sono i più richiesti della serie Ergit 100, capaci non solo di recitare un ruolo da leader nel segmento dei 4×4 ma anche di insidiare da vicino gli specialistici convenzionali, soprattutto nelle aziende con produzioni di qualità. Non scordiamoci che il mercato degli isodiametrici 4×4 ai tempi valeva circa 4.000 unità all’anno in Italia e che il 50% è saldamente in mano a Antonio Carraro.

La meccanica. Buon motore, trasmissione semplice e affidabile e idraulica ben dimensionata

L’oggetto della nostra prova era il TGF 9800 allestito con cabina pressurizzata “Protector 100” per i trattamenti, che come vedremo più avanti, rappresentava una delle peculiarità più esclusive del 4×4 di Campodarsego. Dal punto di vista stilistico, il TGFF non si discute, così come tutta la serie Ergit 100. In giro di trattori di questa categoria così belli e accattivanti non ce n’erano. Specie se equipaggiati con la cabina ribassata cui sopra.

In pratica sembrava di avere a che fare più con un coupè fuori fuori strada che con un trattore. Molto piacevole e armonica la linea del cofano, resa più aggressiva dall’esclusiva protezione della griglia frontale (“bullbar” in tubolare d’acciaio”) e dal disegno affusolato dei parafanghi anteriori con incastonati i fanali. Il risultato è davvero notevole, enfatizzato anche dal rosso acceso che caratterizza tutti i trattori Antonio Carraro. Una volta sollevato il cofano ci si accorgeva di come, almeno in fatto di dotazione, l’abito avesse fatto in quel caso anche il monaco. A muovere il TG 9800 era infatti il quattro cilindri giapponese Yanmar 4 TNV 98 T da 3,3 litri, un piccolo concentrato di potenza e tecnologia (era il più leggero del comparto) che per le dimensioni e prestazioni pareva nato proprio per equipaggiare il 4×4.

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Montato a sbalzo sull’avantreno, il 4 TNV era un turbo a messe controrotanti da 87 cavalli di potenza massima a 2.500 giri, dotato di sistema di ricircolo esterno di gas di scarico per la pulizia delle emissioni. L’iniezione era diretta e la testata era munita di 4 valvole per cilindro. L’accelerazione bruciante e la coppia già generosa regalavano una sensazione di brillantezza generale del mezzo, ampiamente confermata dalla pratica in campo con atomizzatore Cima C.H 1000 trainato. Nelle norma per la categoria i consumi con valori specifici ottimali nell’ordine dei 155 grammi per cavallo ora.

Le prestazioni del motore erano coadiuvate dall’ottima aderenza e trazione offerte dalle ruote differenziate (l’operatore poteva infatti scegliere tra ben 16 combinazioni di pneumatici), dal baricentro basso e dalla ripartizione del peso della macchina per il 60% sull’anteriore e per il 40% sul posteriore. Ciò consentiva di arrivare a una configurazione vicina al 50/50 con attrezzi portati quali trince, frese, estirpatori, assolcatori e tutto ciò che serve per le lavorazioni interfilare con evidenti benefici in termini di grip e stabilità, soprattutto se si opera in pendenza.

All’interno del tradizionale telaio in ghisa Actio è racchiusa la tradizionale trasmissione meccanica composta da quattro marce e due gamme, sdoppiabili con il super riduttore, per un totale di sedici rapporti in avanti, ottenibili anche in retro tramite l’inversore meccanico sincronizzato. L’impianto idraulico, invece, era costituito da due pompe idrauliche ad ingranaggi indipendenti. Una da 24,7 litri al minuto serviva l’idroguida e i comandi elettroidraulici, e l’altra da 42 litri al minuti alimentava due distributori a doppio effetto (di cui uno a posizione flottante), un ritorno olio e il sollevatore idraulico posteriore. Quest’ultimo, dotato di controllo di posizione, sforo e intermix, aveva una capacità massima di sollevamento di 2.300 chili.

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