Agricoltura, nel 2020 il valore della produzione nazionale cala solo di -1%. E nel 2021 è boom per le macchine agricole. Il report Continental
Nonostante la pandemia e la crisi economica, il settore agricolo mostra grande resilienza. Bene frutta e vino, qualche difficoltà per ortaggi e olio
Una resilienza straordinaria, in mezzo quello che da più parti è stato definito come l’annus horribilis della pandemia: il valore della produzione in agricoltura in Italia tra il 2018 e il 2020 è infatti calato solamente dell’1,1%, passando da 56,7 miliardi di euro a 56,1. A fotografarlo l’Osservatorio sui macro trend del settore agricolo nazionale di Continental, tra i più grandi produttori al mondo di pneumatici e soluzioni digitali per il mondo automotive e agricolo. Il focus dell’ente si è focalizzato anche su mercato delle macchine agricole, e problematiche della aziende agricole.
Il calo è iniziato nel primo anno (con un -0,3% del 2019 rispetto al 2018) e si è accentuato con l’arrivo della pandemia facendo segnare -0,8% tra il 2019 e il 2020. Nel 2020, a livello europeo l’Italia si posiziona sul podio, al terzo posto, dopo Francia (prima con 75,4 miliardi di euro) e Germania (56,3 miliardi di euro). Nonostante la continua oscillazione dei comparti, la produzione vegetale è diminuita dell’8,8%. Anche in questo caso c’è stata un’accelerata nell’ultimo anno: la variazione è infatti passata da -1,5% pre-covid a -7,4% dell’annata 2019/2020.
Considerando anche la parte relativa ai servizi, la produzione agricola è passata da 52,1 a 51,6 miliardi di euro, con un -0,8% rispetto al 2018. Per quanto riguarda la manodopera agricola, invece, nei due anni è calata del 4,3%. Nello specifico la manodopera indipendente è scesa del 3,6% mentre quella dipendente del 5,7%.
Non solo agricoltura, anche trattori e mietitrebbie stanno risalendo
Il mercato italiano delle macchine agricole ha chiuso il primo trimestre del 2021 con la vendita di 8.656 unità, un dato estremamente positivo che sottolinea una crescita del 52,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ciò dimostra che i dati negativi del 2020, che riportavano un calo superiore alle 1.600 unità rispetto all’anno precedente, erano correlati all’emergenza sanitaria che ha influenzato pesantemente le performance economiche anche di questo settore.
Le regioni che hanno fatto registrare la maggior quota di vendite in questi tra gennaio e marzo 2021 sono Piemonte (13,2%), Lombardia (11,1%) e Veneto (11%). Quelle che invece stanno dando forti segnali di ripresa e hanno registrato la crescita maggiore rispetto al 2020 sono Sicilia (+114,3%), Campania (92,2%) e, ancora una volta, Piemonte (+76,4%). Analizzando più approfonditamente la ripartizione del mercato per tipologie, le trattrici sono aumentate del 57,7%, passando da 3.777 unità a 5.955.
Le opinioni degli agricoltori sugli impatti della pandemia e sulla visione per i prossimi anni
Per chiarire l’impatto del Covid-19 sull’agricoltura italiana è utile considerare l’annata 2019-2020 e le previsioni per quella 2020-2021. Interessante notare che la maggioranza degli operatori interpellati ha dichiarato che la pandemia non ha impattato in alcun modo sulle loro attività. Sono infatti in pochi gli intervistati che sottolineano una riduzione della domanda (18% nel 2020 e 17,4% nel 2019), o che segnalano l’aumento dei costi di produzione (7,5% vs 5,6%) e la mancanza di liquidità (6,9% vs 4,3%). Infine, in quest’ultimo anno, solo il 9,5% del campione è preoccupato dell’impossibilità di tornare alla normalità.
Approfondendo le difficoltà riscontrate dalle aziende agricole in seguito alla pandemia, emerge una graduatoria che vede in prima posizione la difficoltà a riparare attrezzature, macchinari e fabbricati (49%), seguita subito dalla difficoltà a disporre di adeguata liquidità finanziaria (42%) e dalla difficoltà ad accedere ai servizi di consulenza e assistenza tecnica (33%). Entrando invece nel merito delle difficoltà attese, la preoccupazione maggiore è disporre della liquidità finanziaria per effettuare i pagamenti necessari per portare avanti le attività (63%), al secondo posto la possibilità di effettuare investimenti non rinviabili (33%) e, a parimerito al terzo posto, le difficoltà nel conferimento dei prodotti a GDO, intermediari, ecc. e quelle nel commercializzare il prodotto tramite i canali di filiera corta (27%).