L’occupazione in agricoltura rimane centrale, sia per le strategie istituzionali che, soprattutto, associative. Lo ha rimarcato la Coldiretti che, proprio su questa tematica, ha organizzato un incontro a Palazzo Rospigliosi a Roma, svoltosi alla presenza di cariche istituzionali (tra cui il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone), associative e sindacali. Un incontro da cui è emerso che nei campi italiani mancano centomila lavoratori per garantire la raccolta dei prodotti e la lavorazione dei terreni, ma anche le attività di trasformazione e quelle più specialistiche, con il rischio di minare la sovranità alimentare del Paese in un momento di forti tensioni internazionali.

Le imprese che assumono dipendenti in agricoltura sono oltre 185.000 ed occupano circa di 1 milione di lavoratori, per oltre 120 milioni di giornate di lavoro, di cui circa 1/3 è rappresentato da occupati provenienti da altri Paesi, con rumeni, indiani, marocchini, albanesi e senegalesi in testa alla classifica delle nazionalità più presenti, secondo la Coldiretti. Una presenza importante che non basta però a coprire le necessità delle imprese agricole, anche per alcune lacune nell’attuale normativa, a partire dal meccanismo del click day, con poche quote e non tempestive rispetto alle esigenze di stagionalità del settore agricolo. Capita spesso, infatti, che il lavoratore arrivi quando le attività di raccolta per le quali era stato chiamato sono già terminate.

Coldiretti, il ruolo del decreto flussi per l’agricoltura. E la necessità di nuovi sistemi di premialità

Per superare le attuali difficoltà occorre passare ad una gestione diretta e controllata dei flussi migratori e le ultime modifiche introdotte alla normativa sul decreto flussi rappresentano un passo importante verso la semplificazione e il rispetto dei tempi di ingresso dei lavoratori, che vanno ora implementate con un maggiore coinvolgimento delle associazioni datoriali e dei consolati. In questo modo sarebbe più facile anche far emergere situazioni di sfruttamento lavorativo e caporalato. In tale ottica, per la Coldiretti serve anche potenziare la Rete del lavoro agricolo di qualità attraverso sistemi di premialità per le imprese che vi aderiscono.

In base a quanto emerso durante l’incontro, a cui era presente anche una delegazione di Filiera Italia, anche il comparto agroalimentare non se la passa meglio: anche qui, infatti, ci sarebbero circa 60.000 figure professionali da individuare nei prossimi 5 anni. Lavoratori che sono fondamentali per evitare di bloccare la crescita dell’industria alimentare italiana.

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Ed è proprio per questo che, secondo la Coldiretti, sarà importante condividere con il ministro strategie per contrastare gli appalti illeciti, le cooperative spurie, per introdurre regole di reciprocità sui prodotti importati di lavoro etico e di qualità. Il tutto senza dimenticare di aumentare i flussi di immigrazione regolare, indispensabile alla nostra industria alimentare. In tale ottica un ruolo può essere svolto dalle iniziative e dalle buone pratiche di formazione nei Paesi di origine già avviate da Coldiretti e Filiera Italia.

Durante l’incontro, oltre alla tematica della sicurezza in agricoltura (alla luce del recente rapporto Inail), per cui si dovrà incrementare le risorse per l’ammodernamento delle macchine agricole, si è parlato anche dell’impatto dei cambiamenti climatici sul lavoro agricolo, con pesanti effetti anche dal punto di vista occupazionale. In tale ottica Coldiretti chiede di rendere alcune misure strutturali per garantire i necessari sostegni ad imprese e lavoratori, dall’ammortizzatore unico all’integrazione salariale per gli operai agricoli, fino ad arrivare all’utilizzo ad ore della Cisoa per estendere al settore agricolo la flessibilità già presente negli altri settori. Senza dimenticare l’abbattimento degli adempimenti contributivi per i territori colpiti da alluvioni e disastri climatici, come nel caso dell’Emilia Romagna.

Nel corso dell’incontro focus anche sullo strumento del lavoro occasionale agricolo a tempo determinato. I risultati nel biennio di sperimentazione hanno dimostrato come si sia trattato di una misura che non si è prestata ad abusi, avendo interessato circa diecimila persone, principalmente pensionati (circa l’80%) e studenti (17%). Per la Coldiretti non si vedono dunque controindicazioni nel rendere lo strumento strutturale.

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