Agricoltura, in Italia gli stranieri garantiscono un raccolto su quattro. E ci sono novità per il decreto flussi 2023
Contribuiscono al 30% delle giornate di lavoro necessarie. È quanto emerge dall'analisi Coldiretti in vista delle aperture per il decreto flussi 2023 che prevede l'ingresso di 82.705 lavoratori stranieri, fondamentali ai vari settori produttivi del nostro paese
Il raccolto del 25% dei prodotti agricoli italiani ogni anno è garantito dall’apporto dei lavoratori stranieri, in sostanza un raccolto su quattro nelle nostre campagne. Un dato notevole, raggiunto grazie al lavoro instancabile di 358mila lavoratori regolari provenienti da tutto il mondo, ovvero da ben 164 Paesi. Una forza lavoro imponente che, annualmente, è in grado di sopperire alle mancanze di manodopera del settore primario nostrano, fornendo più del 30% delle giornate di lavoro necessarie per portare a termine le operazioni di raccolta in campo. I numeri, nudi e crudi, sono stati rielaborati dalla Coldiretti sulla base del report Idos per l’agricoltura.
Agricoltura, cosa cambia con il decreto flussi 2023?
La fotografia scattata dalla Coldiretti arriva giusto qualche settimana prima dell’apertura del portale online per la raccolta delle domande relative al decreto flussi 2023, anche in agricoltura. Si tratta di un sistema digitale, semplificato rispetto a quello del 2022 (qui i nuovi dettagli illustrati sul sito del Ministero dell’Interno), che permette il rilascio di quote stagionali di ingresso riservate alle Associazioni di categoria per i propri associati nella misura di 22.000 unità (erano 14.000 l’anno scorso). In sostanza, come ribadito dalla Coldiretti, è stata recepita la norma sperimentale introdotta dal decreto semplificazione (Dl 73/2022). Norme che potrebbe diventare presto strutturale e non più un’eccezione.
Le richieste presentate dalle organizzazioni professionali dei datori di lavoro, che avranno priorità sulla generalità delle istanze, saranno preventivamente verificate dalle organizzazioni professionali stesse che assumono anche l’impegno a sovraintendere alla conclusione del procedimento di assunzione dei lavoratori, di fatto accelerando l’intero iter della procedura d’ingresso. Il nuovo Decreto sarà anche l’occasione per sperimentare il superamento del nullaosta, sostituito da una comunicazione allo sportello unico per l’immigrazione da parte del datore di lavoro contenente la proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato, che verrà immediatamente trasmesso all’ambasciata italiana all’estero per più tempestivo rilascio del visto di ingresso.
In generale, il nuovo decreto flussi 2023 stabilisce 82.705 ingressi, in aumento rispetto ai 69.700 dell’anno precedente ma le quote per lavoro stagionale, attese principalmente nelle campagne, ammontano a 44.000 unità (contro le 42.000 dello scorso anno) delle quali 1.500 riservate alle nuove richieste di nullaosta stagionale pluriennale, ingressi che di fatto consentono all’impresa negli anni successivi di non essere vincolata ai termini di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Dpcm per avere accesso all’autorizzazione.
Lavoratori stranieri, la panoramica
I lavoratori stranieri occupati in agricoltura sono per la maggior parte provenienti da Romania, Marocco, India e Albania, ma ci sono rappresentanti di un po’ tutte le nazionalità. Si tratta soprattutto di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli.
Sono molti i “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte in Lombardia dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani. Settori che lo scorso anno sono andati in difficoltà per colmare la mancanza di manodopera che ha duramente colpito le campagne con la perdita rilevante dei raccolti agricoli nazionali anche – rileva la Coldiretti – per le difficoltà agli spostamenti dei lavoratori alle frontiere per effetto della pandemia.