Agricoltura, il 16% dei pensionati ci lavora. Anche per salvare i raccolti
Tra le cause gli strascichi della crisi pandemica, che hanno rallentato i flussi di lavoratori stranieri. Coldiretti: "occorre emanare immediatamente il decreto flussi 2023 per l’ingresso regolare di almeno centomila lavoratori migranti"
È risaputo che quello di agricoltore, più che un mestiere, è un vero e proprio modo di vivere che non si esaurisce con il solo lavoro nei campi, ma abbraccia l’intera quotidianità, crea un rapporto più vivo con la natura e legami duraturi con le varie comunità agresti di cui il nostro Paese è ricco. Un mestiere talmente vissuto e totalizzante che, in molti casi, prosegue anche oltre la soglia della pensione. Tanto da spingere lavoratori che per un’intera vita hanno svolto altre mansioni a confluire all’interno del settore primario e a scegliere le campagne come luogo di buen retiro.
Proprio come emerso da un recente report dell’Istat sulle condizioni di vita dei pensionati in Italia: il 16,2% degli appartenenti a questa categoria lavorano proprio in agricoltura: quindi ben 72mila lavoratori pensionati su un totale di 444mila con un aumento record del 22,4% rispetto al 2019. Tuttavia, seppur lodevole e meritevole di ottimismo, il trend in questione mette in evidenza ancora una volta le difficoltà che il settore primario sta riscontrando, soprattutto dopo la crisi pandemica, nel reperire manodopera qualificata in età da lavoro, per occuparsi delle variegate colture diffuse in tutta Italia.
Pensionati in agricoltura, il commento di Coldiretti
Secondo la Coldiretti, infatti, si tratta di un risultato da ascrivere alla necessità di rispettare i cicli stagionali della produzione e di non perdere i raccolti. L’emergenza pandemica, purtroppo, ha ostacolato gli ingressi alle frontiere dei lavoratori stranieri che rappresentano una componente importante per le attività agricole. Una situazione che va affrontata – precisa la Coldiretti – con le formule più adeguate che garantiscano maggiore semplificazione per le imprese e le necessarie tutele per i lavoratori agricoli attraverso il confronto con le Istituzioni e i sindacati.
Secondo la sigla occorre anche emanare immediatamente il decreto flussi 2023 per l’ingresso regolare di almeno centomila lavoratori migranti stagionali necessari al settore agricolo già dai primi mesi del nuovo anno per garantire la manodopera nei campi, combattere il caporalato, potenziare la produzione di cibo dell’Italia e difendere la sovranità alimentare nazionale.