3350 CFM, l’anello mancante dell’offerta Massey Ferguson. Nel 2002 la prova del cingolato
Ai tempi, nell'offerta del colosso canadese, mancavano solo in cingolati. Che arrivarono, rendendo l'offerta del Gruppo sempre più completa e, soprattutto, competitiva in tutte le aree in cui era presente, tra cui il nostro Paese, dove si sfidava con altri giganti come New Holland e Same
L’ultimo pezzo del puzzle, l’anello di congiunzione tra gli specializzati su ruote i “big” da campo aperto. In una parola: i cingolati. Ciò che mancava a Massey Ferguson per completare una gamma tra le più variegate. E poi arrivarono i 3300 (tra cui il 3350 CFM): realizzati su misura da Landini, giocavano le proprie carte in un mercato che ai tempi valeva oltre 4mila pezzi l’anno all’anno, fino a quel tempo appannaggio degli unici tre marchi impegnati nel settore: New Holland, Gruppo Same e la stessa Landini. Numeri che facevano gola, anche perché non accennavano minimamente a calare. Le ragioni erano da ascrivere nelle caratteristiche morfologiche del territorio: l’Italia è infatti costituita per l’87% da montagne e colline. Aree che per essere lavorate richiedono mezzi specializzati in grado di cavarsela in situazione limite, dove i tradizionali gommati cedono il passo.
Così, come ribadito nella nostra prova di dicembre 2002, il cingolato restava (e resta tutt’ora) la scelta obbligata. Non doveva dunque stupire una tale volume di vendite, tantomeno l’interesse da parte di aziende dinamiche come Massey Ferguson. Il marchio inglese era in crescita e soprattutto era ben consolidato all’interno di un gruppo, l’AGCO, in piena salute: al punto da iniziare a insidiare da vicino i colossi CNH e John Deere. Esente da critiche anche la scelta di affidarsi per la fornitura dei mezzi a Landini, azienda storicamente impegnata nella realizzazione di cingolati e, quindi, in grado di offrire ampie garanzie sul piano tecnico-qualitativo.
La meccanica del 3350 CFM: un mix di componenti già collaudati per prestazioni sicure
La versione descritta, che era ancora allo stadio di prototipo, era il 3350 CFM, dove “C” stava per cingolato, “F” per frutta e “M” per montagna. In pratica, si trattava del modello specifico per i frutteti situati su pendii particolarmente accentuati. Ne conseguiva che la larghezza massima del CFM era maggiorata rispetto alle versioni standard da frutteto di pari potenza (1.700 millimetri contro 1.460), al fine di offrire maggiore stabilità trasversale. Dal punto di vista estetico, il 3350 CGM, come tutta la serie, riprendeva il look dell’omonima gamma da vigneto e frutteto su ruote. Ma le analogie sono limitate al solo cofano motore, visto che il carro era completamente differente e la cabina non c’era.
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Linee morbide esaltate dal rosso fiammante
All’aspetto generale piacevole contribuivano poi le linee morbide, imposte anche dalla necessità di non danneggiare la vegetazione, e il fiammante rosso Massey Ferguson. Livrea sicuramente tra le più belle, capace si sposarsi alla perfezione con il nero dei cingoli e il grigio della strumentazione. Sotto il cofano batteva il collaudatissimo 4 cilindri Perkins 1004-40 T, unità in assoluto tra le più utilizzate in ambito agricolo. I 91 cavalli Iso TR 12396 (88 Din 70020) sono più che sufficienti per garantire lo spunto necessario in qualsiasi condizione operativa e i 154 grammi di gasolio per cavallo lo piazzavano tra i “verdi” che bevevano meno.
Buono anche il valore di coppia massima che toccava i 36,5 chilogrammetri a 1.400 giri e la risalita nell’ordine dei 23 punti percentuali. In abbinamento, lavorava un cambio meccanico con ingranaggi sempre in presa e innesti scorrevoli con quattro rapporti base, due gamme di velocità e un overdrive. In totale, erano 16 le marce in avanti di cui 8 utilizzabili anche in retro tramite l’inversore, anch’esso meccanico. La trasmissione era controllata da una frizione a secco che lavora mediante dischi rivestiti di materiale cerametallico. Sicuramente un buon cambio dal punto di vista della semplicità e della robustezza, caratteristiche imprescindibili per un cingolato.
3350 CFM, carrelli a prova di carico e ruota folle “eterna”
Per quanto riguarda i cingoli, i carrelli erano sostenuti da cinque rulli del tipo a lanterna, strutturalmente adatti a sopportare carichi assiali elevati. La ruota folle era a lubrificazione permanente e non necessita quindi di manutenzione periodica. Apposite sospensioni attutiscono gli urti in modo da proteggere gli organi e garantire una marcia sicura e confortevole, mentre le ruote motrici a denti dispari garantivano l’usura regolare di ogni maglia della catenaria. La tensione era infine operata tramite un cilindro regolabile idraulicamente.
Nessun problema in fase di curva. Le frizione e i freni di sterzo sono comandati da due leve poste centralmente sul cruscotto. Nella prima parte della loro corsa, azionano progressivamente le frizioni di sterzo corrispondenti, garantendo manovre dolci. Mentre nell’ultima parte comandano i freni, agevolando il controllo in pendenza o dove c’è poco spazio per girare. Per un’azione ancora più incisiva e qualora lo si ritenga necessario, si possono comunque azionare i pedali indipendenti dei freni.
Le frizioni di sterzo sono multidisco in bagno d’olio a comando idrostatico. Stesso discorso per i freni, che sono servoassistiti qualora si azionino le leve di sterzo (per tutta la loro corsa), oppure ad azionamento diretto tramite i pedali. Il circuito idraulico sfrutta una pompa a ingranaggi con portata di 39 litri al minuto che lavorava a una pressione di 170 bar. Serviva il sollevatore posteriore da 2.650 chili dotato di controllo della posizione, dello sforzo e intermix e fino a tre distributori ausiliari.
I comandi. Feeling immediato. Il posizionamento ergonomico delle leve facilita la presa di contatto
Il posto di guida del 3350 CFM era sicuramente confortevole, con tutti i comandi ben raggiungibili e di facile intuizione. L’unico neo può essere rappresentato dalle dimensioni non proprio generosissime: se il conducente è di statura elevata, l’inversore poteva interferire con il ginocchio sinistro. Bene i rivestimenti anti scivolo e il sedile ergonomico, imbottito, regolabile longitudinalmente e verticalmente, con sospensione adattabile al peso.
Ogni azionamento era a portata di mano
Il cruscotto, semplice e completo, racchiudeva il tachimetro, i vari indicatori di livello e le spie di controllo. Era ben visibile e centrale, così come le due cloche di comando, dotate di appositi pomelli anatomici e azionabili con uno sforzo praticamente nullo. Le tre leve del cambio sono poste anch’esse centralmente con l’inversore a sinistra, il cambio gamma al centro e le marce a destra. la leva di innesto e disinnesto della frizione della presa di forza era collocata sulla sinistra delle due leve di sterzo. I comandi del sollevatore e dei distributori idraulici erano infine posizionati sulla destra del sedile. Completava l’equipaggiamento l’arco di protezione anteriore abbattibile. Insomma, tutto quel che serviva a un cingolato: un buon motore, una trasmissione affidabile, dei comandi ergonomici e soprattutto, tanta grinta per arrampicarsi tra i filari più impervi. Se poi si aggiunge l’esperienza Landini e l’appeal del marchio Massey il cocktail è perfetto. Da assaggiare.